Dal latino vigilia, il tempo del vigilem, di colui che veglia, colui che è pronto, la sentinella, i quarti di guardia dell’esercito romano si chiamavano per l’appunto vigiliae. Il significato militare si è nel tempo disperso, ed è rimasta la vigilia come eredità esclusiva dal cristianesimo, e quando oggi noi decliniamo la parola nei modi che ci pare è pur sempre da lì che la assumiamo. La religione della vigilia, perché in questo è la predicazione del Cristo: il tempo, il tempo dell’oggi, il tempo stabilito, si è fatto tempo di vigilia, la storia dell’uomo è al suo compimento, il nuovo tempo, la nuova storia, il nuovo uomo, sono lì a venire, il regno del Padre, la nuova Gerusalemme dei beati, sta scuotendo le fondamenta del consolidato costrutto dei regni, dei poteri, degli ordini, delle gerarchie. Ed è vigilia nel senso proprio latino, militare; non è attesa inane, è vigile, attiva, è armata, armata di coscienza, di fermezza, di fede. Estote parati, siate pronti. Della certezza di vivere l’epoca della vigilia è rimasto ben poco, ma molto resta sotteso nello spirito dei riti di vigilia dei grandi eventi del calendario cristiano, l’Avvento, la Settimana di Passione, e qualcosa ancora nel senso comune; la notte prima degli esami, tanto per scendere qualche gradino, ma nemmeno tanti a ben pensare. E non solo, se ci pensiamo su un po’ ci siamo messi a disposizione non poche vigilie per ricordarci, o per illuderci, o per darci speranza, di un cambiamento definitivo, di un radicale sovvertimento del destino. Per esempio oggi è una vigilia elettorale, estote parati.