Gioventù, dal latino iuventus, o, per trascrizioni più dotte, juventus, è alla superficie sinonimo di tracotanza, presunzione, impunità, da cui, appropriatamente, la ben nota, omonima squadra di calcio. Ma non accontentiamoci; la gioventù è una condizione, uno stato della naturale evoluzione dell’umano, lo è in modo così soddisfacente che dal sanscrito yuvan si è diffusa con minime mutazioni fonetiche in tutte, ma proprio tutte, le lingue indoeuropee presenti e passate. Yuvan ha la sua radice in Yu e mantiene il significato di forte, di colui che respinge. Allora questa è la giovinezza, la forza di respingere. Naturalmente il nemico, perché della forza di gioventù si sono nutrite e continuano a farlo le guerre e nel corso dei millenni i vecchi non si sono mai stancati di lodare e glorificare la gioventù bellica. Ma resta pur sempre nei giovani sopravvissuti o risparmiati dalle guerre la forza, la forza di respingere. Quando mi chiedo, intanto che considero le mie decrepitezze, per quale ragione mai mi possa sentire ancora giovane, penso a questo, ho ancora la forza di respingere, di oppormi, e sì, di combattere; ci sono grandi battaglie dall’esito tuttora incerto che mi attendono già di primo mattino. C’è tracotanza in questo, certo, e presunzione e illusione, ma anche allegria e sensuale spensieratezza, la forza della gioventù, appunto. La giovinezza invece è niente, è pura ideologia, tant’è che i pratici latini non la degnano nemmeno di una parola e noi la traduciamo a nostra discrezione in adolescentia, di colui che deve ancora crescere.