L’umile, latino humilis, è colui che è aderente alla terra, humus, e humus è una delle parole con la radice più antica di tutto il bacino indoeuropeo, hum, la terra intesa come il suolo fertile. Da humus deriva anche homo, l’uomo, perché l’uomo e la terra sono una cosa sola, così che nel mito sumerico della creazione l’uomo è stato generato dagli dei per sostituirli dei nell’ingrato lavoro della terra, e nel Genesi è addirittura fatto di terra, impastato con l’argilla; Quintiliano, il re degli retori, il primo intellettuale di stato dell’Occidente, pagato dal fiscus e quindi dall’imperatore direttamente di tasca propria, se la rideva della relazione tra hunus e homo, ma si capisce, all’imperatore rodeva avere a che fare con l’umiltà e più che mai con la nuda terra. L’umile non ha timore di sporcarsi le mani con la terra, egli è la terra e della terra è il sale, dunque la pratica dell’umiltà è attestazione di piena umanità. Il fatto che l’attuale sistema come i passati identifichino gli umili con gli ultimi, intesi come coloro con non sono ammessi alla nobiltà dell’umano, i reietti, coloro che vanno sottomessi, necessari in quanto sfruttati, come sfruttata è la terra, dice solo quanto sia disumano il sistema. Che malignamente travisa l’umiltà con l’umiliazione; umiliare è schiacciare l’uomo a terra, atterrarlo, letteralmente, che è quello che fa il potere dominante con i dominati. L’umiltà eleva l’umano alla sua natura, l’umiliazione corrompe la sua natura e l’abbatte.