I satelles, di ignota provenienza e solo per induzione di eventuale origine etrusca, sono una faccenda tutta latina, meglio ancora tutta romana, e indicano specificatamente le crudeli, infide, sanguinarie, prezzolate guardie del corpo del re. Siccome i romani ce l’avevano a morte con i loro re Tarquini, e in particolare con l’ultimo, il Superbo, che aveva osato imporre una tassa sul reddito ai ricconi patrizi, indispettiti a tal punto i patrizi da inventarsi la repubblica, satelles diventa uno spregiativo, scherano, servo pavido e violento. Da un pezzo ormai noi non siamo più così crudelmente definitivi con i satelliti; non pensiamo che la luna sia un cinico bodyguard ma la graziosa casta diva che inargenti queste sacre antiche piante, e siamo clementi anche con i paesi che definiamo satelliti, compatendo la loro incomoda, debilitante posizione. E abbiamo accolto con simpatia e ammirazione il bip bip bip del primo satellite artificiale, quella pallina che girava e girava sopra le teste all’insù dei bambini di tanti anni fa, che forse la vedevano o forse era solo una favola, così come ora che sono vecchi e rimbambiti volgono ancora lo sguardo ammirato alla parabola che riceve dal pronipote di     quella pallina il bip bip bip della Champion League.  Ma attenzione, il satellite perde il pelo ma non il vizio; il signor Elon Musk possiede la flotta di satelliti più potente del mondo e intende decuplicarla nei prossimi anni, di quello che intende farne non risponde di fatto a nessuno. Dice che lo fa per il bene dell’umanità, e io faccio fatica a credergli.