Dal latino pavor, che ha il suo verbo in pavere, il quale pavere è eredità di pavire, battere e livellare il terreno. Così che paura e pavimento vengono dallo stesso posto e nello stesso posto vanno, a terra. Un uomo spaventato è un uomo battuto, spianato, compresso a terra. Il Buffardello. Nel regno dell’ignoranza dove sono cresciuto la paura la portava il Buffardello, di notte; uno spirito maligno e dispettoso, uno strego, ti saltava sulle spalle nel sonno e ti schiacciava con il suo peso, ti comprimeva il capo sul cuscino, il petto sul materasso, ti immobilizzava e ti toglieva il respiro. La salvezza era lì, svegliati, ma non sempre avevi la forza per farlo. I peggio casi restavano stecchiti, soffocati in eterno dalla loro paura, dallo strego Buffardello. Il quale, già lo dice il suo nome, non è uno spirito monocorde, i suoi maligni dispetti sono appunto dispetti, non è creatura del male, è creatura dell’insensatezza; ti metteva la paura come ti rubava le forbici che non riuscivi a trovare, ti faceva andare pazza la crema e tappava il culo alla cocca che ti dava le uova per farla. Faceva così, tanto per divertirsi, malignamente. Io ci credo ancora al Buffardello, credo che la paura vien di notte, che ha bisogno di trovarti addormentato in qualche tuo sonno profondo, nell’inanità di un sogno d’oscurità. Io credo ancora che la paura non sia un male dentro gli uomini, ma un malestro dell’insensato, maligno spirito che l’uomo ha generato e al mio paese chiama Buffardello.