Il grande pensatore e scrittore Francesco Biamonti era di carattere cogitabondo e indole melancolica, di figura minuta e severa, vagava per il mondo curvo sotto il peso dei suoi alti pensieri, le mani incrociate sulla schiena che scioglieva di tanto in tanto per accendere una sigaretta o per levare la cicca di bocca. Nell’ambito di una gita di studio con alcuni suoi colleghi nell’augusta città di Salamanca, si trovò casualmente al cospetto dell’imponente pala d’altare della cattedrale raffigurante con dovizia di particolari il Giudizio, dunque sciolse le mani, cercò nella tasca del paltò il pacchetto delle sigarette, e rivolto al sottoscritto ebbe a chiedere, perché si nasce? Non ebbe risposta. In effetti, che si sappia, risposta non c’è, a parte la triviale necessità della specie di essere. A meno che, frugando nelle remote radici accadiche non si scorga una luce. C’è nasahu, espellere, e va bene, si nasce per causa di espulsione ed è la fortuna degli strizzacervelli. Ma c’è anche gen, gan che è radice identica per generare e essere noto. E magari è così, che si nasce per essere conosciuti. Quello che so è che c’è una categoria di umani che sono generati perché siano conosciuti, e sono i profeti. È bene che siano conosciuti perché hanno da dire e val la pena ascoltarli; più ancora, è assolutamente necessario. Tra questi il Cristo. Dunque buon natale, per lui e per ognuno degli altri, noti e non noti.