Cosa festeggiano i lavoratori il Primo Maggio? Che, sia chiaro, non è la festa del lavoro, ma propriamente la festa dei lavoratori. Festeggiano e si mettono in ghingheri -guardatevi le fotografie d’epoca, guadate questi signori in cappello giacca e cravatta- per onorare la loro dignità, dico meglio, la loro signorilità, e per ricordare al mondo che è grazie alla loro dignità, meglio ancora signorilità, che sono vivi, ancora vivi nonostante tutto il loro lavoro, la loro fatica, nonostante alienazione e sfruttamento. Lo fanno in quel giorno per non dimenticare e non far dimenticare che la loro prima grande conquista collettiva, le otto ore –se otto ore vi sembran poche venite voi a lavorar e troverete la differenza tra lavorare e comandar– fu siglata del loro sangue il primo giorno di maggio del 1886, a Chicago. Ma veniamo al dunque, che vuol dire sfruttare? La s è privativa, è sottrazione, del fruttare, del frutto, fructus, participio passato di frui, godo di qualcosa, da qualcosa traggo vantaggio, dalla remota radice brhug, poi frug. Quindi fruttare è produrre godimento, piacere, vantaggio, e sfruttare è sottrarlo; nello specifico sottrarre il frutto del lavoro altrui, il godimento che da quel lavoro ne deriva. Sfruttare un giacimento di gas, un bosco, un pianeta, una galassia, un uomo, sono agli occhi dello sfruttatore la stessa naturale, ovvia necessità; su questo tutti gli sfruttati, viventi o anche solo essenti, hanno avuto, hanno e avranno da dire la loro con l’ovvia, naturale, e dignitosamente signorile veemenza. Viva il Primo di Maggio.