Il corpo è viscere e bellezza, indistintamente. Il corpus è certamente la parte molle dell’umano, il ventre, ma all’origine di corpus c’è la radice crpa in indoiranico e carbu in accadico, che sta tanto per budella che per bell’aspetto, bella figura. Mi viene in mente come si diceva nella mia antica infanzia contadina di una bella ragazza e di un bel ragazzo, gagiardi, gagliarda, e si intendeva più ancora che formosi ben in carne; come ai tempi accadici anche ai miei il nemico numero uno non era Putin ma la fame, e non c’era come l’esibizione di ben consistenti tessuti adiposi ad allupare lo sguardo, e, secondo mia nonna, a ben sperare in un matrimonio felice. Ho citato Putin non a caso, perché c’entra con il corpo, non il suo, il mio corpo. Il mio corpo in tempo di guerra. Perché questo mi è stato detto, che sono in guerra, personalmente oggetto del vile attacco di un pazzo criminale che ha per mira il mio mondo e me dentro il mio mondo. Per questo combattiamo con le armi più potenti che abbiamo, con i nostri talk show e con il nostro denaro. Ma con il corpo degli altri. E io so per lunga e personale esperienza che alla sostanza le guerre si conducono con corpi in caccia di corpi, e si vincono e si perdono con la conta dei corpi, si contano le viscere, le viscere con dentro bellezza, rimaste sul campo di battaglia e si traggono gli auspici. Così rimango confuso: se questa è la mia guerra perché non mi chiedono il corpo? Forse non ne hanno il coraggio. Peccato, perché confesso, sono un pacifista, e armato del mio corpo obietterei.