Che ha un’anima, e l’anima è tutta nell’accadico anahu, alito, respiro, che si fa ancora accadicamente, e misteriosamente, animu, inclinazione, disposizione d’animo. Così rimangono sino al latino e a noi distintamente anima e animus, la prima come soffio vitale ed il secondo come carattere, spirito, disposizione. Ora restiamo all’anima di animale; è bella la tradizione universale che vuole la vita insufflata da un soffio divino, che la vita stessa non sia che un soffio, un respiro, un respiro che si fa anelito, da halare, esalare. Meno carino che la tradizione giudaico cristiana abbia sparso la voce che il soffio divino sia stato destinato in esclusiva ad Adamo, rappresentante primigenio del genere homo. Non so cos’è che abbia spinto Yahweh a una scelta così avventata, magari, se proprio ci teneva, poteva riservare alla sua creatura prediletta l’animu, la sua poco raccomandabile disposizione d’animo. Diciamo pure che è una forzatura e che più che di Yahweh ci si vede lo zampino di Adamo, il trascrittore della storia; di certo non ne è venuto niente di buono, e c’è l’intero universo che ne ha da ridire. E nell’universo ogni animale, ogni essere portatore di un’anima respirante, e l’universo stesso che, non saprei dire quanto figuratamente, gli scienziati dicono abbia un suo respiro. Tutto respira fin dove riusciamo ad ascoltare, tutto è animale, e, per quanto ne sappiamo, lo è anche oltre il nostro ascolto. Dunque non c’è parola più adatta a raccontare la vita, e quando diciamo “l’anima delle cose” ne accettiamo l’unica sensata verità.