Naturalmente la terra dei padri. I miei padri non avevano terra e la dovevano prendere in affitto, il canone d’affitto era a strozzo e così i miei padri senza terra hanno fatto la fame generazione dopo generazione. Tutti loro hanno desiderato, agognato, sognato una patria, e cioè una terra che non fosse di nessun padrone, ma solo di chi la lavorava, e non l’hanno mai avuta, mai. Mi correggo, sì, ce l’hanno avuta, da stecchiti. Presi in quel folle orgoglio tipico dei morti di fame, assieme ai loro compagni senza terra i padri dei miei padri si sono tolti di bocca quel poco di pane che avevano per comprare un lotto incolto ai margini del paese, e lì ci si sono fatti un cimitero, il cimitero di San Lazzaro, il cimitero proprietà dei braccianti. Cosicché oggidì i ricchi epuloni vanno a star morti in affitto nei cimiteri pubblici e noi discendenti dei pezzenti ci possiamo godere ab æternum la nostra terra patria di San Lazzaro. Ci rallegra ma non ci consola perché il sonno della morte non è men duro neppure tra i cipressi e dentro l’urne di San Lazzaro. In virtù di questo stato di cose, i miei padri e io stesso siamo dei patrioti, non avendo una patria lottiamo per averla, mio padre armi in pugno, io non so bene con cosa, mi pare con i discorsi. La nostra patria è la terra dei nostri figli, la terra che non avrà padroni e affittuari, la terra che sarà libera scelta degli uomini liberi. Siamo pazzi, pazzi e mazziniani. Mazzini se ne fece un’ossessione: il dovere del patriottismo è di chi non ha una patria, poi o è il terrore nazionalista o nostra patria è il mondo intero e nostra fede la libertà.