Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia, per questo il suo giorno si accende in testa una corona di candele e porta a piene mani dolcetti ai bambini, perché i bambini hanno paura del buio. Santa Lucia è la mia santa perché sono quasi cieco e lei si occupa di me facendomi vedere sempre qualcosa, ci riesce perché s’è cavati i suoi splendidi occhi e li ha messi in un piattino, così che adesso possono essere gli occhi di quelli che li hanno guasti. Va da sé che Lucia vuol dir luce, e infatti ancora quando ero ragazzino al paese si dava il nome di Lucia alle bambine che nascevano alle prime luci del mattino. Mai come quando ce n’è poca, o non ce n’è niente, si prende a bramare, supplicare, adorare la luce, perché anche i grandi hanno paura del buio, e a ben vedere la loro paura è ancor più grande di quella dei bambini, perché sanno di essere dei grandi costruttori di buio. Luce è una delle parole universali, la radice primordiale è sumera, luh. Luh è purificare, luh è candore, ò alba, e è arrivato a leukos e lux con medesimo senso e significato. La luce è candore, purificazione della tenebra, promessa di lindore, è chiarezza del primo mattino. Un falò, una torcia, una lampada, un led, sono imitazioni di quello splendido candore, inimitabile. Fare luce, dare luce, accendere una luce, è un atto del sacro e un‘impresa di eroi, un pulire e ripulire le stalle di Augia dal letame accumulato nella notte, un proposito di redenzione per i costruttori di tenebra.