Etimologicamente non sembra che non siano per niente la stessa cosa, e che comunque vogliano dire qualcosa di diverso da quello che siamo indotti a correntemente a credere. È tutto molto strano. Intanto i dizionari etimologici più accreditati concordano nel sentenziare che non si muore annegati o affogati, ma si uccide. Non sono annegato e non sono affogato, ma mi hanno annegato, mi hanno affogato. Cito testualmente dall’Introduzione all’etimologia italiana del De Voto: annegare da ad necare, uccidere, che intende l’annegare come uccidere per eccellenza. Notevole il fatto che i dizionari storici come il Piangiani e il Tommaseo mettano il lemma annegare assieme ad abnegare, più che sinonimi dunque, con il significato di uccidere, sacrificare la propria volontà per darsi a Dio o ad altra causa, svolgere un compito o una funzione con abnegazione può anche esser detto con annegazione; nessun riferimento al fatto che annegare possa anche essere finire in fondo al mare, a un fiume o gora o pozzo. Affogare è semplicemente uccidere tappando la bocca, le fauci, faux, e si capisce che c’entri l’acqua del mare o della piscina per induzione, perché in quelle critiche circostanze si chiude la bocca. Sì, è strano, ma a me va molto bene così, perché sono certo che i centotrenta della scorsa settimana di cui abbiamo visto traccia nel nostro mare, e gli altri mille e diecimila prima di loro che nel Mediterraneo abbiano lasciato o no traccia, non sono morti, ma uccisi, e più che affogati, annegati; ovvero intendendo con il De Voto nel modo di uccidere per eccellenza.