Ci sono parole senza storia, parole che qualcuno si è inventato di fresco senza nessun ricordo, senza un percorso etimologico che ci si palesa, si chiamano termini isolati. Sangue è una di queste isole, se la sono inventata i latini e noi romanci ce la siamo presa così. Attenzione, il sangue dei latini è quello che scorre nelle vene, è la vita; per quello che sgorga da una ferita, per quello in grumi, per quello che è morte, usavano cruor, da cui ci siamo presi cruento, che rende l’idea ma che è solo aggettivo, mentre ci vorrebbe per una cosa così importante il suo bel sostantivo. Ad esempio, “Il momento di comprare è quando il sangue scorre nelle strade” del benemerito Nathan Rothschild è un oltraggio alla civiltà della lingua latina, quello che arricchiva il Norman non era sangue di vita, ma di morte. E così, visto che la ricorrenza s’avvicina, il sangue rappreso sui muri della scuola Diaz nel G8 a Genova avrebbe bisogno di una nuova parola per rendergli giustizia. Per non dire del sangue mal lavato nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere. E così tutto il mare del sangue versato in nome e per conto della morte. In verità, volendolo usare correttamente, di sangue se ne incontra poco; sangue del mio sangue, va bene, donare il sangue anche meglio, passi “sangue di Giuda”, ma poi mi fermo lì. Ho letto, non lavate il sangue di Genova, sempre il G8; il sangue si lava con poco, basta l’acqua fredda, ma quello non è sangue, quello vuole una parola che ora non c’è.