Questa è una parola nuova, anzi, nuovissima. È un francesismo, libertaire, è stata scritta per la prima volta  come sostantivo nel 1858 dalla penna di Proudhon, e come aggettivo la sua entrée è addirittura del 1901, per quella di Emile Zola. È così capiamo subito da che parte pende il libertario, dalla parte dell’utopismo socialista e della militanza civile; a fianco del libertaire marciano i fantasmi del comunismo e gli spettri dell’ anarchismo che tanti dispiaceri arrecheranno alle brave persone di tutto il mondo amanti della pace sociale e del profitto personale per metà del XIX secolo e per gli otto decimi del XX. Insomma, se uno si butta a sinistra, ma proprio a sinistra che più non si può, ecco che si fa libertario. Un tempo, nel XIX  e nel XX secolo appunto, e io stesso sono così vecchio da poter crescere libertario seguendo le orme di mio nonno e di mio padre, spiriti liberi eppure legati, vincolati, all’imperativo morale dell’emancipazione dalla servitù dell’ignoranza e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Tutta acqua passata naturalmente, è accaduto che i vittoriosi padroni del XXI secolo han fatto bottino di tutto, anche delle parole dei vinti, tra queste in particolare le più sacre e nobili. Ora che le possiedono, sanno come pervertirle e servirsene; così che i libertari della contemporaneità ignorano che sia mai esistito Proudhon o Zola, hanno in odio qualsivoglia imperativo morale, e militano al fianco di Trump, hanno la facce di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni.