Nobel
Quando si dice il destino cinico e baro, quest’anno che poteva toccare a me, il Nobel per la letteratura non verrà assegnato; unica consolazione che se non me lo becco io non se lo becca nemmeno quell’antipatico onanista di Philip Roth, che è li piantato davanti al telefono ad aspettare la chiamata da trent’anni. Mi si dirà che forse sono carente in senso delle proporzioni, ma la sproporzione è nella natura stessa del genio, e il Nobel stesso è sproporzionato, dovrebbe essere un premio di un certo prestigio e invece è un’unzione dello Spirito, l’assegnazione dell’Accademia Reale si palesa con la stessa ardente pompa misterica della liquefazione del sangue del Santo. Di più, in due lunghi secoli di storia l’Accademia non è mai e poi mai stata oggetto di una qualche ombra o sospetto di macchia, e questo diversamente dalla cattedra arcivescovile napoletana. Questo fino a ieri, come ognun sa. Per comprendere la gravità dell’accaduto, va vista la serie TV The Bridge che narra le gesta di una poliziotta svedese associata a un poliziotto danese; la cosa più interessante della serie non è la soluzione dei complessi casi criminali, ma il rapporto tra i due, e in particolare come la purissima, algida, cristallina svedese consideri il collega danese un giulivo terrone eticamente e deontologicamente poco affidale. Questo perché per la statuaria morale luterana svedese anche un solo schizzo di mondano calvinismo appare come una degenerazione sociopatica. E infatti, la sciagura che si è abbattuta sull’Accademia è opera di un infiltrato papista, un francese sedicente fotografo, un demonio di lascivia che prima ha corrotto un’ingenua poetessa, è nota la virginea fragilità nordica al cospetto del diavolo latino, e quindi ha infettato la sacra Istituzione, senza tralasciare di molestare anche la principessa erede al trono, così, tanto per provare a fare cappotto. L’Accademia e il suo prestigioso premio risorgeranno, mondati e purificati, non si possono aver dubbi, sarebbe come negare la presenza del sacro nella natura umana, nel frattempo andranno eletti i nuovi membri che sostituiranno i vecchi dimissionari. È un incarico a vita che, a risarcimento del non leggero impegno culturale e etico, gode di non pochi interessantissimi benefit; considerato che spargere gloria è assai più gratificante che essere glorificato, non mi dispiacerebbe essere preso in considerazione per uno dei posti vacanti. Lo faccio presente prima che si faccia avanti il solito Roth.
Il Secolo XIX, 6 maggio 2018