Che piacere che ci fa il gran parlare del nostro Bruegel paesano, la tavola che noi de Castarnoo così tanto amiamo che anche i peggio mangiapreti e i più robusti atei non hanno mai esitato ad entrare in chiesa a darci ogni tanto un’occhiata, e ancor più ci piace l’aver beffato (a Castarnoo si dice pià per er culo) quei sprovvedutissimi ladri di fuori che hanno ben pensato di portarcelo via. Io stesso gli voglio un gran bene a quel dipinto, ed è per questo che ho trovato demoralizzante l’aver scoperto stamattina che se chiedo a google di parlarmene, mi sa solo dire per pagine e pagine e pagine che hanno voluto rubarmelo, ma non mi racconta niente del mio Bruegel. Peccato, perché il Bruegel de Castarnoo ha una storia molto interessante e singolare e drammatica da raccontare. Chissà se i buoni parroci che lo hanno custodito nei secoli e le pie donne che lo hanno venerato hanno davvero visto, scrutandolo, quello che racconta. È una crocefissione, sì, ma è una crocefissione difettosa, sbagliata. Intanto è un venerdì santo di piena estate, si vedono sulle morbide collinette fiamminghe le messi di grano già in parte mietute, e non c’è al mondo pasqua così alta da andare oltre la primavera. E poi, ancor di più straordinario, guardate lassù a sinistra, un po’ discosta dalle canoniche tre, c’è una quarta croce. Mai viste quattro croci sul Golgota. Ebbene, quel quadro è un grandioso manifesto di denuncia; la famiglia Bruegel ne ha fatti diversi, c’era molta domanda tra i colti e liberali mercanti di Fiandra, per loro e per tutti gli ardenti patrioti riformati era come per i repubblicani di Spagna mettersi in casa o nella sala municipale un picassiano Guernica. Sulla quarta croce consuma il suo martirio il popolo fiammingo, e il martirio glielo da il duca d’Alba, il Macellaio, per conto di Filippo II di Spagna e del Papa di Roma nella nera estate di sangue del 1567; a godersi lo spettacolo è facile riconoscere vescovi e prelati, a sorvegliarlo c’è la soldataglia spagnola con le sue armature e le sue insegne. E così, nella cattolicissima chiesa di Santa Maria Maddalena, nei secoli si è conservato, venerato e ben guardato un formidabile atto di accusa alla cattolicità, che ha propagato fede e potere sulla punta delle lance e con la corda delle forche. Forse non era quello il posto più consonante per quel quadro, anche se la famiglia Bruegel lo avrebbe certamente trovato più che adatto, così che fosse da eterno memento ai seguaci degli aguzzini del loro popolo. Di certo io e i casternoesi che lo conoscono davvero siamo felici che sia lì e che rimanga nostro, abbiamo plurisecolare e meritata fama di rivoltosi, sediziosi, scismatici, ardenti contestatori. Per inciso, il quadro è lì dov’è perché è stato donato da un compaesano, che dopo una vita al sevizio del doge Fregoso lo ha ricevuto a mo’ di TRF; il Fregoso doveva ben sapere che era un quadro sbagliato, e ha pensato di sbolognarlo via a un campagnolo ignorante. Ma a me piace pensare che il nostro antico compaesano non fosse affatto ignorante, e magari non lo era nemmeno il prete che se l’è preso in chiesa, una congiura libertaria protratta nei secoli.
Il Secolo XIX, 17 marzo 2019