Visto l’insperato successo della tregua unilaterale da me arditamente proclamata in occasione delle festività natalizie, ho deciso di prolungare la tregua ben oltre Santo Stefano, spingendomi con la mia sventata smania utopica fino al remoto traguardo di San Silvestro; e ho preso questa decisione, me ne sia dato atto, mentre il parlamento della repubblica brucia del falò di una legge finanziaria di cartacce e l’animale doriano che è in me ulula di sdegno e sete di giustizia proletaria per il solito, eterno furto juventino di rigori. Ma infine tregua sia, o la va o la spacca, fino ai botti atomici di San Silvestro. E così vi racconto che ho conosciuto un uomo buono. Un uomo buono, non un brav’uomo, di brav’uomini se ne incontra ogni giorno, è la ragione che impedisce a questo mondo di ridursi a un infernale letamaio, mi capita di pensare di essere io stesso un brav’uomo; ma un uomo buono è un’altra cosa, forse un altro essere, un essere buono prima ancora delle sue azioni, un essere dallo sguardo buono, dalle mani buone, dai buoni pensieri che tralucono dai suoi gesti, dalle sue parole, un essere di linda natura, di candide intenzioni, nemmeno tutti i santi sono così. L’ho conosciuto così; per una di quelle disgrazie che capitano sempre e solo nei momenti impossibili, la notte delle vigilia di Natale mi sono trovato nell’urgentissima necessità di sottopormi a un’ecografia proprio nel momento, appunto, che nessun servizio pubblico o privato era in grado di eseguirla, amici di amici mi hanno dato un numero di telefono, non preoccuparti di disturbare, risponderà, è un vecchio primario in pensione, un uomo bizzarro, è stato il maestro di tutti gli ecografisti di qui. Ha risposto, voce chiara nella contr’ora, ricca di inflessione dialettale, ora magari no, ma domani, venga a casa mia domani verso le due, ma domani è Natale, non importa, le feste poi sono un po’ tutte uguali. E così il giorno di Natale alle due del pomeriggio un anziano signore mi ha aperto la porta di casa, una casa in mezzo alla campagna, casa di contadino, arredata come i contadini arredano le loro case quando hanno un po’ di soldi, con in più una stanzetta con un lettino e un magnifico apparecchio ecografico ultimissima generazione. Ha lavorato di sonda un paio d’ore, oggi mi dicono che è stato un lavoro perfetto, non ha voluto saperne di parcella, non si chiedono soldi il giorno di Natale, oggi mi dicono che non prende soldi da chi bussa alla sua casa. Mi ha detto che è stato più che ripagato da un paio d’ore di conversazione, lo ha detto con dolcezza, gli piace conoscere nuove persone; in effetti abbiamo parlato di molte cose, della campagna, degli uccelli che svernano nel suo giardino, del suo e del mio lavoro, di quello che sarebbe bello che gli uomini facessero per non vivere rattristati, è stato contento del mio invito a un pranzo, gli preparerò lo stocco accomodato, è un piatto che non ha mai assaggiato. Nel cancello della sua casa sono saldate due grandi lettere, C e M. Nel salutarmi me le ha indicate, no, non vuol dire Centro Medico, ma Conosciamoci Meglio. Già, conosciamoci meglio, quanto bene farebbe agli umani conoscersi meglio, che magnifica tregua e sempiterna, la tregua bandita per conoscersi meglio.

Il Secolo XIX, 30 dicembre 2018