Antigone deve essere messa al supplizio? Perché la legge dello stato, la legge del tragico e avveduto tiranno Creonte, sopravviva e con essa la prosperità della città di Tebe, non ci può essere posto per la legge degli dei, per l’imperativo morale custodito dal cuore Antigone? Il dilemma tra legge dello stato e coscienza morale dell’individuo è talmente angosciate che Sofocle sceglie per la sua tragedia, che straordinaria invenzione di terapia di gruppo la tragedia greca, un finale inquietante, Antigone non deve morire, anche a costo della sua sopravvivenza lo stato non piò calpestare la legge degli dei, ma quando la comunità Tebe si risolve è troppo tardi, Antigone è già morta. Da allora, e son passati due millenni e mezzo, tutte le società, almeno quelle che si riconoscono eredi dei psicodrammi della democrazia ateniese, si son poste senza risolverla mai definitivamente l’antica questione, e quando ci hanno provato con le gloriose, sanguinolente rivoluzioni, è stato solo per rari e brevi istanti della loro storia, tornando poi al punto che credevano di poter dimenticare. E così Creonte e Antigone sono di nuovo qui tra noi, persino in questa squallida, olente contingenza politica che fa del mio Paese una caricatura della vecchia Tebe, una manciata di sindaci ha invocato la legge degli dei, la legge che gli dei e Emmanuel Kant e successori hanno posto nei nostri cuori, contro l’attuale Creonte, o, ricordando la tragica grandezza dell’antico, la sua ombrosa, farsesca  controfigura. E allora dico la mia e dico che sto con Antigone e con la legge degli dei e di Emmanuel Kant, e sto lì anche se non vanto nessuna parentela con nessuno dei sindaci. Sto con Antigone perché la legge del pseudo Creonte sulla sicurezza del popolo è legge stupidamente inumana. Sto con Antigone perché non concedo, non può farlo la mia coscienza di cittadino e di umano -per inciso si può essere umani senza essere cittadini, i diritti umani precedono i diritti di cittadinanza, questo tranne che nel regime nazionalsocialista del Terzo reich e nei suoi omologhi- no,  non concedo la dignità di impormi la preminenza della legge sulle coscienze a chi ha costruito la sua carriera politica su un assillante, estenuato appello all’eversione delle leggi dello stesso stato che oggi regge per mandato popolare, e non cedo al mandato popolare lo status di giustizia ulteriore. E soprattutto sto con Antigone al modo di Hannah Arendt, ovvero nel seguente modo: “La disobbedienza civile insorge quando un numero significativo di cittadini si convince che i canali consueti del cambiamento non funzionano più, che non viene più dato ascolto né seguito alle loro rimostranze o che, al contrario, il governo sta cambiando ed è indirizzato o ormai avviato verso una condotta dubbia in termini di costituzionalità e legalità (…) Il dissenso implica il consenso ed è il tratto caratteristico di un regime di libertà; chi sa di poter dissentire sa anche che, in qualche modo, quando non dissente esprime un tacito assenso” (La disobbedienza civile, 1970). Con tutto ciò che ne consegue.

Il Secolo XIX, 6 gennaio 2019