Populismo

Matteo Salvini, l’uomo forte della sua di lui terza repubblica, ha proclamato che non è più il tempo del conflitto tra destra e sinistra ma del popolo contro le élite; il neo primo ministro Giuseppe Conte, l’uomo fragile della loro nuova repubblica, si è assunto il ruolo di avvocato del popolo, dunque è da presumersi che, almeno per il momento, il conflitto adirà per vie legali piuttosto che per le vie di fatto. Una gradevole e inaspettata mitezza, visto in merito ai conflitti tra popolo e élite la storia dell’umanità ci parla perlopiù di sbrigative truculenze. La fine di destra e sinistra e il divampare della diade di popolo e élite non è tra le molte e grandi novità di questa nuova epoca del cambiamento, è invece un solido richiamo al passato e alla tradizione. Il primo a mettere nero su bianco la sopraffina tecnica di presa del potere dichiarandosi avvocato del popolo nella contesa contro le élite del vecchio e marcio potere democratico, fu Alcibiade, il grande demagogo ateniese; aveva sei facce come un dato e tradì il suo popolo sei volte, ma era tale l’empatia che sapeva generare e tanto schifoso il suo operato, tale l’identificazione del popolo con la parte peggiore di sé che lo volle sempre perdonare, tranne l’ultima  e conclusiva volta. Ma il canone alcibidiano ha un tale fascino  e una così comprovata efficacia che non si menziona un solo sovvertitore dell’ordine democratico che non vi abbia fatto ricorso. Tra i più noti: Adolf Hitler, il popolo tedesco contro le élite demoplutogiudaiche, Benito Mussolini, il popolo italiano contro le élite antipatriottiche, cleptomani e disfattiste, Josif Stalin, il popolo sovietico contro le élite socialfasciste e trotskiste; ultimo, al momento, Recep Tayyip Erdoğan, il popolo turco contro le élite terroristico guleniste della stampa,  della cultura e dell’esercito. Meno noto, ma no dovrebbe esserlo per Matteo Salvini, Fabrizio Ruffo cardinale, che armò di picche e coltelli il popolo raccolto nell’esercito del Lazzaroni con la consegna di sgozzare l’élite giacobina che stava governando in nome dell’Anticristo la Repubblica Napoletana. Assieme a picche e coltelli veniva consegnato un rosario che appariva in bella mostra al braccio e al collo dei lazzaroni, immagino che Matteo Salvini conoscesse l’antefatto quando si è esibito armato di rosario in piazza Duomo. Ciò detto, mi permetto di avanzare un  secondarissimo fatto personale; sono un figlio del popolo e tale rimango perché come diceva mio nonno di sé e di tutti noi, chi nasa merda i mora merda. Ma scrivendo su questo giornale e svolgendo altre attività neghittosamente lontane dalle consuetudini popolari e di carattere squisitamente elitario, vivendo perdipiù esclusivamente del mio lavoro, dovrei ragionevolmente ma contraddittoriamente essere classificato come popolano elitario. Ma siccome non esiste né può esistere un’élite popolare, comporterebbe troppa complessità di ragionamento, chiedo ai nuovi repubblicani in procinto di dare battaglia; chi sono io? Un nemico del popolo o un traditore del popolo? Merito la morte o solo un compassionevole ostracismo?

Il Secolo XIX, 27 maggio 2018