Venerdì alle sette era già tutto pronto, un magnifico mattino di vera primavera, allegria per la casa, indaffaramento di preparativi ormai acquietato, programma ripetuto a memoria casomai si potesse migliorare qualcosa all’ultima ora. Per mezzodì sarebbero arrivati i nostri amici, per la prima volta dopo quattordici mesi li avremmo rivisti in carne ed ossa, saremmo stati assieme a loro a parlarci, a nutrirci, a passeggiare, a cazzeggiare, e, sì, anche a lavorare un po’, in presenza fisica, affettuosa, giocosa, amorevole; dal Manzanarre al Reno sul paese sventola bandiera gialla, finalmente, e noi e loro siamo tutti appena vaccinati per metà, c’è aria di libertà, di freschezza, di un ricomincio da te. Verso le otto, otto e dieci eravamo ai telefoni, indemoniati alla ricerca dei nostri amici, due su un treno appena partito da Torino, due in automobile per strada in imprecisata zona del raccordo anulare di Roma; alle sette e cinquanta eravamo stati informati che il socio di lavoro di un membro della nostra larga famiglia, un fratello per tutti noi, aveva appena ricevuto il risultato del più che affidabile tampone molecolare, positivo. Potevamo forse fare finta di niente? Abbiamo discusso in viva voce, ragionato e infine i nostri amici hanno ripreso la strada di casa e noi ci siamo messi in prenotazione tamponale e in quarantena cautelare. E è cominciato la nostra fine settimana delle ceneri e del furore. Tra i tanti sentimenti di disdetta e dispetto, quello che stamani è restato è uno, l’umiliazione. Mi sento profondamente umiliato nella mia parte più intima e delicata, la mia disposizione alla speranzosità, il mio ottimismo genetico, la mia meravigliosa qualità di trovarlo ragionevole. Abbiamo sempre due destini, quello che ci impone il presente e quello per cui lottiamo. Abbiamo lottato, questa più che mai, ma il destino è solo uno, quello che ci impone il OCVID; non sono io che decido, è lui che decide per me. Proprio adesso che sembrava così ragionevole poter decidere. Asservimento, umiliazione cocente perché sembrava davvero che ormai fosse fatta, e invece no, è ancora lui che detta legge. Per quanto ancora? Per poco, sembra. Forse, senz’altro, è sicuro. Ma intanto… Intanto è bene che io rifletta un poco sul mio genetico ottimismo e sul mio fiero oppormi alla sorte. Sono ragionevoli? Sì, in verità so che lo sono. Ma a una condizione; è bene che ricordi che io non sono che un essere tra gli esseri, e se vanto la mia superiorità su tutti gli altri, la mia estrema sofisticazione, è perché sono dotato di una specifica e unica qualità, che, davvero, mi distingue, la presunzione. Possiedo armi di distruzione di massa, ma anche la massa ha le sue armi di distruzione; e il COVID non è una metafora, è parte dell’universo dei viventi, e sa riconoscermi senza presumere niente di niente. E questo gli da una marcia in più. Vedremo, lo spero, se riusciremo a capire.