Serie Tv
Eccoci qua, oggi sarebbe infine il momento di andare a votare. Che dire? Ma sì, facciamolo ancora una volta questo bel gesto, sorgiamo dunque dai nostri faticati giacigli e inoltriamoci di buon mattino sull’aspro sentiero dei seggi con animo lieto, e se lieto proprio non è, fermiamoci al bar per un bel fernet, che a digiuno anestetizza anche la più santa delle pulsioni astensioniste. Io per me, per quel che posso darò una mano intrattenendovi su qualcosa di leggero e autobiografico, qualcosa che vi faccia compagnia al posto del magone che vi prenderà quando il presidente del seggio vi consegnerà scheda e matita.
Dunque, in un paio di mesi o poco più sono diventato un tossico delle serie televisive. Dico sul serio, anche adesso che sono occupato a scriverne, una parte significativa della mia attenzione è altrove, è a questa sera, ai due episodi che ho registrato per questa domenica particolare, e che, lo so, mi terranno per il bavero e non mi daranno quella soddisfazione a cui anela la mia ansia di risoluzione, di compimento, di chiarimento e di catarsi, visto che sono all’episodio sette e otto e ne mancano ancora due per il finale, che finale non sarà, lo so già, ma sarà invece una risoluzione parziale e aperta, interlocutoria e insoddisfacente, perché siamo alla stagione numero due e siamo già stati avvisati di una stagione terza, e così mi si affaccia un’estate ingrata e troppo lunga, piegata da interrogativi irrisolti e da una deprimevole sindrome da coitus interruptus. E fosse solo per questa serie, ma ne ho tre, dicasi tre, che seguo in contemporanea, e ringraziamo Iddio che almeno una, il capolavoro assoluto da quel che ho visto già dalla prima puntata, non ha avuto seguito e resta una gemma che splende unica e irripetibile dentro la scatolina delle meraviglie che il più fetente e cinico e fascistoide dei capitalisti dello spasso televisivo ha avuto la compiacenza di cedermi in accomodato per poche lirette mensili. Si sarà già capito che sono l’ultimo arrivato, sto sbavando dietro a della roba che l’utente modello ha già visto e digerito da anni, e questo rende ai miei stessi occhi ancor più inverosimile che io possa essere caduto in questa trappola. Un cretino tardivo, un signore ormai anziano e con non irrilevanti interessi sociali e umani che al risveglio mattutino per rima cosa accende la radio per sapere se casomai nella notte è finito il mondo, e passi, e per seconda va a vedere se nottetempo la scatolina ha fatto il suo onesto lavoro di pusher e mi ha messo a disposizione la dose per questa sera. Non sempre accade, questa maledetta banda larga che va e viene, quando mai il governo si deciderà a garantire davvero un servizio essenziale. Un cretino integrale che si siede davanti alla tv -lui che fino a ieri si vantava di non sapere come funziona il telecomando, che non ha mai visto un talk show negli ultimi dieci anni e per le tappe del Giro d’Italia accende ancora la radio- che dico si siede, si stende davanti al video, tale e quale lui medesimo da bambino al cinema, al tempo che ancora credeva che fosse tutto vero, tutto vero come i suoi sogni, e già dopo un paio di mesi dalla prima dose una puntata per sera non gli basta più, ma se ne spara due, anche tre se non perde i sensi prima, che anziano com’è verso mezzanotte gli prende un sonno mortale. Voglio qui precisare che non sono utente delle serie per così dire politiche, quelle che vanno per la maggiore. È roba che non mi interessa, vicende di consueta perversione, documentari di ciò che so già fin troppo bene. Io voglio l’avventura, la guerra, il delitto, il mistero, e voglio che arrivino i nostri, che un giusto, uno almeno, si salvi, voglio il riscatto e la redenzione. Voglio quello che volevo da bambino quando andavo al cinema. E ho quello che allora non mi è mai stato dato, un film che dura dieci, venti ore, che non finisce mai. Un film che diventa come una vita parallela, che si accende nell’ora che cominciano i sogni. Sì, secondo me è tutto qui il segreto del rincretimento, un racconto che non finisce mai, una vicenda che è sempre lì per risolversi e invece no, ce n’è sempre ancora. Come da bambino vorresti che fossero i sogni, come vorresti che fosse il gelato che ti sei conquistato. Più che rincretomento vero e proprio, si tratta di rimbambimento direi. Ma ci posso fare qualcosa? L’unica cosa che può porre rimedio è l’addivenire all’età adulta, ritornare sui miei passi, riprendere la strada per una maturità che rimetta le cose a posto. Che ora come ora sarebbe come a dire decretare la morte di Sara Linden, la poliziotta caratteriale e anaffettiva che tiene il muso solo perché le sbaglia tutte tranne l’ultima, e la sparizione nel cuore di una notte di crudeli combattimenti di quell’eroico plotone di paracadutisti che sarebbe giusto che almeno uno si salvasse per godere di una giusta vittoria, per non parlare di quella disgraziata gente assediata al bordo di una diga, che prima o poi verrà giù non c’è di cristi, da hi è tornato per chiedere giustizia alla vita del suo ingiusto dileguarsi. No, non ce la faccio.
Il Secolo XIX, 31 maggio 2015