Riso amaro
A me tutto ‘sto sghignazzare in casa sulle disgrazie del nuovo sindaco di Roma non mi piace per niente. Siamo una casa di ex votanti, a parte il vecchio suocero e il mediano dei nipoti qui ormai non vota più nessuno, me compreso. È la nostra una vecchia famiglia progressista e voteremmo tutti quanti per un partito e per un uomo “un filino di sinistra” come dice Bersani, solo che Bersani deve solo che sparire eccetera eccetera, i soliti quattro discorsi di noi astensionisti per avvilimento. Visto che siamo tutti di cultura medio alta, e abbiamo una dieta piuttosto variata che comprende anche carni bianche rosse, e viviamo in una comunità che in fin dei conti non è poi amministrata così male, di votare per il M5S non ci passa neanche per la testa; troppo equivoco, troppo social, poco progresso e molta reazione, ancora i soliti quattro discorsi. Ma da qui a sbellicarsi per il casino che sta combinando il sindaco di Roma ce ne corre. È vero tutto; che non si capisce in base a quali recondite qualità l’abbiano scelta, visto che non ne palesa una sola di una qualche utilità per la sua carica, è anche vero che non riesce neppure a mandare a memoria le quattro banalità con cui si esprime al cospetto del mondo e ha bisogno del foglietto, e è altresì vero che è deficiente, nel senso proprio letterale, di strumenti minimi di cultura politica e generale, di saggezza pratica e senso di realtà, di carisma e spirito, e come spesso accade a chi di ciò deficie abbonda invece di supponenza e presunzione, ma non c’è niente da ridere, anche a non voler bene a Roma. Perché una buona parte dei suoi elettori sono migliori di lei, e l’hanno votata per esasperazione, frustrazione e disperazione strazianti; si sono giocati l’ultima carta prima della rinuncia finale, e se il mazziere, il buonanima maestro del pensiero pentastellare, gli ha messo in mano un due di picche non perché è quello che gli avevano chiesto. E lì a fiatare sul collo di quella immeritevole eletta del popolo non c’è il nuovo pronto ad avanzare, ma i vecchi, e tra i vecchi anche i peggiori, che ora sono autorizzati a pensare che alla fine si son presi solo un po’ di vacanza. E voi ridete?
Il Secolo XIX, 4 settembre 2016