Referendum
Il Referendum mi ossessiona. Mi sovrasta con la sua imponente mole, mi schiaccia con il suo insostenibile peso. Come un intervento chirurgico prenotato da troppo tempo è come se fossi andato a votare già parecchie volte, e anche se per il voto quello vero ci vogliono ancora due settimane sono già preda dei postumi. È un’esperienza nuova, sommamente sgradevole, uno stato d’animo pericolosamente frustrante. Non è mai stato così; potrò mai dimenticare l’eccitazione, la gioia, la speranzosa foga battagliera con cui ho affrontato il mio primo referendum, il leggendario referendum cosiddetto del divorzio? E i numerosi altri, più o meno gloriosi, sensati, vinti e persi, alcuni del tutto dimenticati prima ancora dei risultati, altri alacremente combattuti senza speranza alcuna ma per il solo valore in sé sacro di una battaglia sostenuta da un imperativo morale. Questo no. Questo non ha neppure più un nome; poteva essere il referendum della Riforma e invece è solo il Referendum, così che perdendo la sua contingenza materiale, dissolvendo il suo significato pratico, divenuto pura astrazione, ha assunto un potere enorme, si è fatto Moloc, Leviatano, Golem, il Maelstrom che inghiotte tutto il bene e tutto il male dell’universo. È possibile che arrivi al Quattro in queste condizioni? No, e non è neppure da prendere in considerazione l’opzione altre volte praticata dell’astensione, al vortice del Maelstrom non è possibile resistere. Quello che vorrei fare con tutto il cuore è andare al seggio e esprimere il mio voto in santa pace e questo è impossibile. Al punto di esasperazione a cui sono approdato, voterei no perché chi mi dice di votare sì mi tratta come al suo solito, come un cretino integrale; e voterei sì, perché le ragioni del no sono diventate proprietà di vecchi e inveterati nemici del popolo. È forse questo un modo adulto di esprimere la propria opinione su una riforma strutturale della Costituzione? No. Ma più ci penso su e più sono convinto che è dove mi hanno voluto portare. Chi? Renzi, D’Alema, i poteri forti, i servizi deviati, le scie chimiche, i marziani? Non sono sicuro di niente, forse è semplicemente inevitabile che vada così quando finisce una repubblica.
Il Secolo XIX, 20 novembre 2016