Quei ragazzi che vendono il comunismo
Elogio di Lotta Comunista, pensate un po’. Elogio di quei giovanotti che salgono da anni e anni le dure scale di casa mia per offrirmi senza vergogna il loro giornale: buon giorno, vuol mica Lotta Comunista? Naturalmente sapete di cosa parlo: non c’è casa e appartamento, piazza e via di Genova e di Liguria che non siano periodicamente benedette dal passaggio di una coppia di “diffusori”. Elogio della perseveranza. Suonano alla porta per venderci qualcosa che ci appare ragionevolmente incomprabile, essendo certificato estinto ormai da tempo: il comunismo. E nemmeno semplicemente il comunismo, bensì una sua accezione in purezza propugnata all’inizio del secolo scorso dal teorico marxista Amadeo Bordiga, che meritò a suo tempo addirittura la dura critica di Lenin in persona, estrinsecata in uno scritto diventato famoso: “L’estremismo, malattia infantile del comunismo”.
Quei giovanotti vogliono venderci addirittura l’indicibile, un pensiero mai fatto carne, visto che giudicano una brutta esperienza di capitalismo di Stato il comunismo fin qui realizzato e defunto. Quanti milioni di no si sono sentiti dire nel corso dei 40 e più anni che salgono le nostre molte migliaia di scale? E non smettono di farlo. In cambio di quanti sì trovano la forza per continuare? Decine, forse centinaia? Immagino il minimo assoluto nel rapporto tra fatica e risultato; immagino che quel minimo sia giudicato abbastanza soddisfacente perché si sentano incoraggiati a non recedere. Di quel minimo poi qualcuno sì deve essere convinto al comunismo bordighista, visto che oggi mi suona alla porta una seconda o terza generazione di giovanotti. Lo fanno gratis il loro lavoro di diffusione; su questo non ho dubbi: la loro perseveranza è pura virtù, non necessità di un lavoro a cottimo.
Elogio del pensiero. Quei giovanotti non hanno semplicemente una fede, ma anche un pensiero, e le due cose assieme non sono così diffuse come logica vorrebbe. Studiano per farsi quel loro pensiero, e bisogna ammettere che farsi un pensiero sul comunismo organico richiede una applicazione intellettuale notevole. Trovo che sia bello, trovo che sia comunque una buona cosa che qualcuno si sforzi di pensare. Il frutto del loro pensiero è offerto per esteso nel loro giornale. Articoli lunghi e complessi, noiosi per il gusto corrente, privi di qualsivoglia tentativo di essere comunicativi, concilianti.
Quando riesco ad applicarmi nella loro lettura mi fanno ricordare i trattati dei padri della Chiesa sulla natura della prossima Parusia o sulla struttura gerarchica spirituale della Gerusalemme Celeste. Data la complessità dei temi trattati, i Padri non ritenevano di potersi esprimere diversamente, così quei giovanotti. È una coerenza che pagano loro stessi; evidentemente è un prezzo che ritengono di dover pagare in nome del loro pensiero. E anche in questo non ci vedo niente di male, ma una dignità che appartiene al genere di virtù poco diffuse, men che meno tra i venditori di idee, o di fede. Ed è molto più facile vendere Dio, del comunismo “organico” bordighista. E infatti prosperano le nuove religioni “porta a porta”, ma non c’è traccia di alcuna ripresa del comunismo, sotto nessuna specie o frazione. Ragion per cui quei giovanotti non possono che volgere lo sguardo avanti, molto avanti nelle epoche; unici, probabilmente, in questa forma di presbiopia intellettuale, che è pur sempre meglio della miopia.
Elogio della discrezione. Quelli che bussano per venderti Dio si scandalizzano se dici “no, grazie, abbiamo già il nostro” e ti usano il riguardo di un’insistenza invadente, rivestiti di una falsa modestia colma di presunzione. I giovanotti che vogliono venderti la lotta comunista aspettano invece un sì o un no senza azzardare alcun pronostico sulla imminente fine del capitalismo, o del mondo intero, e incassano il loro “no” con signorile distacco. Sono giovani e dovrebbero pur essere esuberanti anche nelle loro idee, ma evidentemente esercitano il loro ardore in forme non invasive: forse è questa la differenza tra militante e missionario.
Elogio della fedeltà. Tra i molti gruppi che già furono dell’avanguardia rivoluzionaria, o sedicente tale, questo loro mi risulta essere l’unico in cui non un solo dirigente sia diventato negli anni direttore di qualche giornale, conduttore di qualche talk show, consigliere di qualche principe, ministro di qualche governo. Pare che con il pentimento e il tradimento non si faccia carriera da quella parte, e anche questa è una rarissima virtù.
Detto questo, mi duole non poter condividere il loro pensiero e la loro dottrina, ma questo è del tutto ininfluente. Non sono neppure legato alla filosofia taoista, ma ciò non mi impedisce di apprezzare ed ammirare. E poi, chissà: se la storia dell’umanità durerà ancora tre o quattro secoli, magari si scoprirà che hanno ragione loro. E tutto quel scendere e salire le dure scale aveva una ragione che solo noi miopi non sapevamo vedere.
Tratto da “Il Secolo XIX” 29 marzo 2009