Putiniano?
Quasi quasi mi faccio putiniano, e se Putin mi prende l’unico rammarico che avrò sarà di non potermi inquadrare tra i putiniani della prima ora, tra i preveggenti. Le ragioni del mio putinismo non sono di ordine pratico, sotto questo aspetto ha ben poco da offrirmi, gli intellettuali si nutrivano assai meglio sotto il vigile tallone fi ferro bolscevico di quanto non possano nel noncurante disprezzo del post, ma sono ragioni puramente etiche. Putin ha una morale, appare ricca di sfumature abbiette, ma ce l’ha, e avendo un amorale ha anche una verità, una sola, la sua, ma ce l’ha; e perché negarlo, mi darebbe gran conforto e amplierebbe enormemente il senso della mia vita poter aderire, o determinarmi a combattere naturalmente, una morale ferma, una verità inoppugnabile, un sistema coerente di ricognizione della realtà e una coerente condotta in merito. Piuttosto che languire fino alla marcescenza in questo magmatico, incoerente, inverosimile post questo e post quello, in questa post democrazia non proprio dittatoriale ma quasi ci siamo, nella post verità senza morale, nella post morale senza verità. Adesso che forse sì forse no ci inoltriamo nell’ennesima, angosciante esperienza di guerra post bellica, adesso mi sento più che mai putiniano. Lui ha una verità siriana, una sola, ha una condotta, una sola, una sola condotta morale e una sola bellica. Magari sono verità e condotte mostruose, non ho mezzi per saperlo con ragionevole certezza, ma qui, dall’altra parte del fronte, dovrei aderire alla verità delle fotografie di bellissimi bambini gasati dall’orrido pazzo di Damasco –per inciso quei bellissimi bambini non avrebbero potuto avere asilo nel paese governato dall’uomo che hanno commosso alle lacrime e ai missili- senza che un solo media, e un solo governo, abbiano allegato all’orrenda notizia le sue fonti nell’unico modo in cui, volendo fare con un po’ di dignità il mestiere del politico o dell’informatore, si devono citare le fonti, identificandole, verificandole, confrontandole entri i limiti universali della ragionevole certezza. Questo dopo che ho dovuto assistere e partecipare ad altre angoscianti ma pur necessarie esperienze di pace bellica decise alla vista del diabolico contenitore esposto all’ONU da Colin Powell, quella buffa bottiglietta contenente le armi chimiche dell’aguzzino iraqueno sotto forma di post gazzosa, e a seguito dell’immagine dei resti dell’ultima esecuzione di massa del Rais libico, rivelatasi, a posteriori ovviamente, un vecchio cimitero. Dall’altra parte del fronte Putin mi chiede di aderire all’unica verità possibile o andare in galera, da questa parte non mi si chiede poco e niente, in pratica solo di assistere e compiacere da post europeo alla penultima tragica pagliacciata post imperiale. Se ci tenessi a quel poco che mi resta della mia dignità dovrei passare di là, magari lo farei se la galera non mi facesse così paura.
Il Secolo XIX, 9 aprile 2017