Percezioni
La percezione non è fatto della conoscenza, ma della coscienza, non attiene alle facoltà della mente ma a quelle dell’anima; è per questo non c’è scienza logica o statistica che possano ricondurre la percezione a una qualche ragione. Ieri sera a cena con la nostra amica Angela a parlare della Serracchiani e del fatto che uno stupro è sempre un fatto schifoso ma se a tentarlo è un profugo fa anche più ribrezzo perché rompe un patto di accoglienza e solidarietà. Tutti quanti a nicchiare sul sì, no. va bé, ma però, la Angela invece è sinceramente, di slancio con la ministra, sta con lei e confessa di temere per sé quando a buio incontra per strada una faccia o un gesto da profugo, da disperato, da negro, ragion per cui la sera non esce più. La Angela è una donna colta, liberale e cosmopolita, come si dice in questi casi per niente razzista e generosamente accogliente, ma è così, che non esce più. È una donna sola, divorziata da tempo da un uomo che si è rivelato nel matrimonio una delle tante carogne pusillanimi di origine autoctona. Come tutte le persone informate sanno, e Angela con loro, l’85 % delle violenze sulle donne sono esercitate nell’ambito familiare, sono senz’altro di più ma ancora non tutte le donne hanno la forza di denunciarle. Se le donne come Angela dovessero comportarsi tenendo conto dei dati statistici e dei calcoli probabilistici non avrebbero paura ad uscir di casa e la sera ma di entraci. Il pericolo più grande è dentro, non fuori. Ma, ed è questa la ragione di così tante violenze entro le mura domestiche, la famiglia e la casa dove risiede sono universalmente percepite come il luogo più sicuro. Fino a prova contraria. Che riguarda solo un’esigua minoranza di 30 milioni di donne, la massa di coloro che ne son non ne trae alcuna conclusione per sé, e questo illogicamente. Per fortuna, perché a rigor di logica non ci sarebbero più unioni consolidate, famiglie, case abitate da famiglie, ma solo una gran massa di donne a mettersi al riparo per strada la notte. Dunque le percezioni fallaci della realtà volta a volta uniscono e disgregano, salvano e dannano, e in ogni caso dobbiamo ammettere che le nostre relazioni con il reale sono per lo più in balia dei morti dell’animo. Gli animi non sentono ragioni, ed è per questo che ci siamo dati nel tempo istituzioni morali, politiche, religiose, amministrative che li conducano a una qualche ragionevolezza e logica in modo che le relazioni sociali siano feconde e produttive, è per questo che non mi preoccupa la fallace percezione dell’Angela, ma il fatto che non funzionano più le istituzioni che sappiano governare i suoi stati d’animo.
Il Secolo XIX, 14 maggio 2017