Padri e figli
l problema sarebbe dunque che i padri, soprattutto loro, non parlano abbastanza con i loro figli adolescenti, e invece secondo me la presente generazione è costipata di padri che parlano troppo con i figli e più che altro parlano a vanvera. Mi vengono le sferze quando sento dire, a mio figlio ci parlo come un amico. Un padre non è un amico dei suoi figli, un padre è un padre, sempre che lo voglia fare, sempre che lo sappia fare, e la sua ragione di esistere come padre si realizza nell’immagine immanente e inequivoca di autorità e legge, l’opprimente, antipatica e spesso crudele legge di Creonte, quella su cui si sostiene il principio di realtà e tutta quanta la baracca della convivenza sociale, quella dove vanno a sbattere senza scampo i figli nell’adolescere all’età della cognizione e della libertà. Un buon padre di famiglia non è così tanto simpatico a chi vive con sgomento la confusione e l’indeterminatezza e la tremenda forza eversiva della bufera ormonale in cui cerca di nuotare fino a un qualche ignoto approdo; per non perdersi hanno bisogno come il pane di un segnale, un ago magnetico, un monolite ben visibile anche nella tempesta, se non altro per volgersi nella direzione opposta, non c’è nord senza sud, non c’è forza per spingersi avanti se non ce n’è una che richiama indietro. Questo è il pesante fardello paterno, la dannazione di Creonte, essere baluardo e oppressione, custode di un mandato che sarà respinto, amato e odiato, ma non voluto bene, non fin quando i figli non saranno cresciuti abbastanza e non avranno vissuto la loro vita con sufficiente pienezza da essere finalmente liberi di considerare con tranquilla coscienza l’ormai distaccata figura paterna, e magari cominciare a volergli bene, bene davvero. In tutto questo le chiacchiere non c’entrano niente, il discorso del padre ai figli ha il linguaggio del legislatore, chiaro, coerente, inequivocabile; e l’amicizia è altrove, là dove i figli dovranno cercarla per imparare nuove convivenze, nuovi sentimenti, nuovi mondi. È forse possibile un mondo senza padri? Sì, certo, ma è un mondo senza adulti, un mondo di eterni adolescenti inetti e impauriti, un mondo di madri costrette ad allattare la prole a tempo indefinito per non vederla morire di stenti.
Il Secolo XIX, 19 febbraio 2017