Mercatini minorili
Tra le molte e singolari bellezze e bontà del borgo levantino di Bonassola, senza prezzo poter fare il bagno in uno stabilimento di secolare genoanità senza che nessuno osi mettere le mani addosso al mio telo doriano, inestimabile la totale assenza di croceristi cinesi e di red carpet, ineguagliabile la quantità di ciclisti che alla sera ritrovano presente e intatta la loro bici parcheggiata alle rastrelliere, insomma in questa singolare perla brilla pure quello che a me risulta come il più grande mercato minorile del Paese. Ieri pomeriggio c’erano 13, dico tredici, lenzuolini stesi sulla passeggiata, tutti ricolmi di merci di scompigliante varietà, se i dati ISTAT sulla crescita economica vi lasciano freddini, venite a dare un’occhiata e capirete che sì, il Paese ha voltato. Naturalmente l’aspetto più espansivo è la natura minorile di quel mercato, il fatto che le redini dell’economia siano nelle mani di una nuovissima generazione ancora in età prepubere, tutta protesa al futuro, libera da pregiudizi e lietamente disponibile al rischio d’impresa, e, non godendo di rendite di posizione e indebiti legami con la politica, ben disponibile alla proficua trattativa. Ieri l’altro ad esempio ho portato a casa una manta e un pesce martello in ottimo stato e in materiale plastico garantito UE per un euro e cinquanta, eravamo partiti da due e cinquanta, ora sono in trattativa per un cd di Fabri Fibraa praticamente nuovo e non dispero di trattarlo a cinque, ho visto una ragazzina portarsi via un secchiello da spiaggia in vero derlin a un euretto. Dovrebbe venire a farsi un bagno a Bonassola il ministro Padoan per capire da dove riparte davvero l’Italia. Ho un solo dubbio, ho colto un ragazzino sussurrare al telefono l’elenco degli articoli venduti, lo sguardo un po’ vacuo di chi teme qualcosa, e il tono del suo sussurrare carico di timorata deferenza. Non vorrei che il racket avesse già teso la stretta dei suoi mortali tentacoli al laboratorio economico della beata Bonassola; il racket degli economisti adulti intendo, che è persino peggio di quello della camorra.
Il Secolo XIX, 30 luglio 2017