Maurizio Maggiani: Vi odio stupidi grafitari
Lo so che non leggete questo giornale e non so neppure se ne leggete uno qualunque, ma nella speranza che qualche amico di qualche vostro amico ve ne dia indiretta informazione, voglio che sappiate che ce l’ho con voi a morte, e tra le indecenze in cui sono costretto a vivere voi avete un posto di massimo rilievo. Mi mettete le mani nel sangue e me lo rivoltate, e non perché siete semplicemente dei pittori infami e incapaci, ma perché il vostro è un esercizio di fascismo allo stato essenziale.
Siete fascisti senza essere mai stati anche solo sfiorati dal genio rivoltoso e lindo del futurismo, non sapete neppure che cosa sia la folgorante, perversa innocenza di Ezra Pound e Céline. Siete fascisti e basta, quelli del “chi se ne frega”. Mi ripugna sapere che qualcuno di voi va in giro a dire a se stesso che è anarchico, libertario, comunista. Solo per questo bisognerebbe prendervi a schiaffi. L’essenza del vostro fascismo è l’imposizione della vostra degradante idea di libertà, la noncuranza della sopraffazione, l’elezione di voi stessi e di quello che ritenete vi sia dovuto a misura del mondo. Avete visto da qualche parte in tv, adocchiato in qualche gita, sentito dire dai più vecchi, compulsato in Internet, che c’è una generazione di artisti di strada che ha cambiato la faccia delle peggiori periferie del mondo dipingendo immense superfici immonde e spoglie; vi è sembrata una buona idea, un’idea a basso costo e di nessun sforzo scopiazzare qualcuno dei motivi più facili e applicarlo dove vi veniva più comodo.
Ieri, dopo anni e anni, ho fatto il giro della città a Spezia, dagli Stagnoni a Ribocco, passando dal centro, e ho visto che il degrado e lo squallore non piace nemmeno a voi, se è opera già compiuta. Avete invece lavorato ben bene il centro, e del centro – guarda caso – la parte appena rifatta, quel po’ di decoro e di bellezza che questa città si è svenata per realizzare, mettendoci anni, mettendoci i soldi di quei pochi che pagano le tasse. Avete distrutto ciò che appartiene alla comunità, i muri che più vi fanno gola, solo quelli dietro cui siete certi che non ci sia appostato un privato proprietario con la doppietta in mano o la denuncia facile. Vi piace l’impunità, è anche per questo che siete fascisti. Ma lo siete elettivamente perché pretendete di sentirvi artisti e ritenete che il diritto della comunità a scegliersi a proprio gusto la propria bellezza, sia irrilevante. Vi convocate all’arte e pretendete che io mi pieghi alla vostra arte.
Odio che qualcuno mi imponga qualcosa, lo odierei anche se si chiamasse Andy Warhol, o Michail Bakunin, o san Francesco; e voi mi imponete la spazzatura frutto della vostra insulsaggine creativa. Se avete un proposito è quello di allargare la fascia del degrado; mandare tutto a puttane perché non avete idea di come cavarvela se le cose andassero meglio. In realtà non siete nemmeno l’ombra dei writer. Non sarà un caso che quei pochi writer che passano da quella città, le poche loro opere davvero belle, perlomeno interessanti, occupino i grandi muri allo scalo merci, danno respiro e allegria a un posto infame. La comunità dovrebbe ringraziarli, voi non potete che invidiarli.
Ah, perché sia chiaro che non faccio preferenze, non è che mi siano più simpatici gli altri predatori di pubblica decenza. Dico i Tag, quelli delle firme criptiche, quelli che segnano il territorio con lo spray come fanno i cani con il piscio. Dico quei puberi analfabeti che incidono il loro amore eterno con le frasi dell’assoluta banalità, e nel giro di un paio di mesi saranno traditi e traditori di quell’amore alla Moccia, edizione tascabile.
Dico dei politici, di quelli che credono ancora che qualcuno legga i loro proclami spray, o anche solo li sappiano e vogliano decifrare; quelli che tracciano la A di anarchia sul negozio dove si sono appena fatti comprare le Campers, e sarebbero la vergogna di un anarchico, se ne avessero mai incontrato uno vero.
Tutti questi, tutti voi, qualcuno osa chiamarvi “gli ultimi”, i più deboli, i disagiati, i bisognosi. Già, vorrei proprio sapere quanti di voi sono figli di disoccupati, di operai, orfani, abbandonati, e quanti figli di avvocati, di commercialisti, di insegnanti, di commercianti, di deputati e consulenti. Quanti di voi vanno a farsi il mazzo al mattino per comprarsi il pane per il mezzogiorno e lo spray per la notte. Dovreste rispondere di ciò che fate, pagare il danno che procurate, rimettere a posto ciò che avete sporcato. Pare che godiate di un’impunità che non so su quale principio si basi: se chi dovrebbe venirvi appresso non ha la benzina per farlo o se non siete considerati un problema. Quello che so è che È una comunità che ha rinunciato alla libertà di immaginarsi e costruirsi migliore. Accettare il degrado è morire, sopportare che ti venga imposto, è suicidarsi.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 28 ottobre 2007