Maurizio Maggiani: Ricchi e poveri

Ho avuto il primo vero scontro con i miei genitori all’età di dieci anni: si trattava di decidere del mio futuro. Avevo appena superato, assai brillantemente, gli esami di quinta elementare. Dopo un breve, bisbigliato consulto coniugale, la famiglia aveva deciso che sarei stato iscritto alle scuole medie statali. La famiglia in ogni suo ordine di parentela era assai orgogliosa di questa scelta: sarei stato il primo Maggiani ad avere un corso di studi: le medie e poi, se tutto fosse filato liscio, addirittura un istituto superiore. L’unico a non essere d’accordo ero io. Io volevo fare il meccanico, volevo andare all’avviamento al lavoro e imparare ad aggiustare le macchine di ogni genere: automobili, orologi, nevi, macinacaffé, costruire e riparare meccanismi era quello che volevo fare. Avevo una vera passione per la meccanica, e mi è rimasta intatta ancora oggi; una cosa a tal punto seria che, un pacifista senza se e con pochissimi ma come il sottoscritto, va pazzo per le navi da guerra, che sono le macchine più grandi e complesse che l’uomo abbia mai inventato. Purtroppo il mio destino è stato segnato altrimenti e l’unica macchina che ho per le mani è questo computer, un attrezzo tutto virtualità su cui è umanamente impossibile mettere le mani. Mi chiedo chi sarei io oggi se la mia famiglia mi avesse lasciato la libertà di decidere della mia vita a dieci anni. Oppure se mio padre – sarebbe accaduto di lì a pochi anni – si fosse trovato nell’impossibilità di mantenermi agli studi e mi avesse avviato al lavoro. Immagino che sarei un bravo meccanico e la cosa non mi dispiacerebbe affatto. Il punto è che io SONO comunque un bravo meccanico anche se ho fatto le scuole medie e persino l’università, anche se faccio, seppur modestamente, il romanziere e un altro po’ di robe cosiddette intellettuali. Credo che potrei mettere ancora in piedi un’officina e vivere onestamente riparando ombrelli, rasoi elettrici e macchine fotografiche. Credetemi, un’evenienza del genere non la escludo di principio. E so, che se facessi questa scelta, se l’avessi fatta venti, trenta anni fa, sarei sicuramente un meccanico migliore del Maggiani entrato all’avviamento al lavoro. Quello che mi ha offerto mio padre non è stata l’opportunità di diventare un giorno romanziere, nemmeno se lo sognava, ma, semplicemente, definitivamente, la possibilità di sapere, conoscere, istruirmi in oggetti di cultura non immediatamente pratici, ma fondamentali per formarmi una coscienza libera. La scuola che ho frequentato avrà avuto molti difetti, ma ha fatto di me un uomo assai più libero del meccanico che sarei stato addestrandomi al mio lavoro e morta lì. E’ una singolarità, uno spreco, un privilegio inutile un meccanico che a diciotto anni conosce Dante e Montale, l’algebra e la storia d’Europa? Non credo, credo che sia un meccanico migliore, migliore nel suo lavoro, migliore nella sua vita. Perché sia chiaro, la vita non è solo lavoro, la vita non si esaurisce nel profitto che ne ricavi a consegna fattura. L’anno dopo il mio fatidico ingresso nelle scuole medie, il dilemma non mi si sarebbe più posto: una riforma non eccelsa ha consentito ai ragazzini e ai loro genitori di poter scegliere il proprio destino in maniera meno drastica e precoce, ha consentito ai poveracci, milioni di figli di operai e di contadini, di farsi un’istruzione superiore a costi assai limitati. Quella riforma, non eccelsa, ha cambiato non solo le sorti di una generazione, la prima generazione che ha potuto realmente usufruire del “diritto allo studio”, ma la realtà sociale del Paese intero. Un Paese che si è fatto massivamente civile e istruito. Ho seguito alla solita stazione radio sadomaso del Parlamento il dibattito sulla riforma scolastica: è stato un dolore, ma ho voluto seguirlo fino all’ultima goccia amara del calice. Qualunque cosa ne dica il governo ho la certezza matariale che sia una riforma che, lasciando da parte tutto il resto, di fatto riduce drasticamente il diritto allo studio, all’istruzione, alla libertà d’animo dunque, dei giovani cittadini. Per le famiglie dei poveracci sarà di nuovo un problema offrire ai loro figli una scelta libera. La cosa che mi è sembrata incredibile, per me cresciuto evidentemente in un altro Paese, è che questo non sia stato preso in considerazione come se l’istruzione, la cultura, fossero tornati ad essere blindati in un destino segnato da un censo, da un’evenienza sociale. Una riforma blindata, come dicono. Ci saranno così molti Maggiani che sceglieranno l’avviamento al lavoro, o saranno obbligati a farlo, per diventare meccanici e seguire la propria prematura passione o, assai più facilmente, cercare di tirar su un po’ di soldi. Lo diventeranno meccanici, o quello che sarà un meccanico del terzo millennio; qualcuno bravo, molti frustrati, tutti meno aperti d’animo, meno liberi.

Tratto da: Il Secolo XIX, 14 marzo 2003