Maurizio Maggiani: Quella partita del ’98 per me indimenticabile

Certo che vedrò la finale; anche se questo è probabilmente il più brutto mondiale che abbia mai visto, perché mai dovrei privarmene? Le mie simpatie andranno alla selezione nazionale italiana, naturalmente, ma se mai dovesse perdere il titolo mondiale per null’altro che non sia un goal di Zidane, non alzerò la mia mano e la mia voce contro il giocatore che più amo da quando non vedo più giocare Trevor Francis. Se poi la selezione italiana vincerà il titolo ne sarò felicissimo, e in primis per ragioni non propriamente atletiche, bensì, proprio in questa contingenza, di natura morale. Datosi che sarebbe l’inequivocabile dimostrazione del fatto, apparentemente incomprensibile ai padroni del calcio del nostro Paese, che è possibile vincere rispettando le regole. In questo campionato le regole sono state fatte rispettare da tutti con esemplare severità, vincere il titolo in queste circostanze così”avverse”è un grande onore.
Ciò nondimeno, qualunque mirabilia potesse offrirmi questa partita, non avrò animo di gustarla se non in modesto distacco, poiché la combinata Italia-Francia è indissolubilmente legata a ciò che è già avvenuto tra le due, e a ciò che a me è accaduto come diretta conseguenza. Non potrà mai succedere niente di paragonabile a quello che è successo nel cuore infuocato del luglio 1998, campionati mondiali di Francia, quarti di finale, in località Menfi, provincia di Trapani, al bravo scrittore Maggiani e al grande scrittore Biamonti.
Convocati colà per onorare e testimoniare l’assegnazione del doc al bianco delle tenute di Menfi del barone Planeta. Se mai qualcuno dovesse chiedersi cosa ci fanno due liguri a Menfi ospiti dell’ultima grande baronia vinicola, risposte ragionevoli da darne non ne ho. So solo che alle 12,30 i due valenti scrittori sbarcano all’aeroporto di Punta Raisi; tutto intorno le montagne ardono di incendi, sulla pista la temperatura rilevata è di 43 gradi Celsius. I due vengono traslati tramite limousine sino alle suggestive pertinenze marine di Menfi e ricoverati con premura in un cubo di cemento, apparentemente privo di qualsivoglia porta o finestra, a cui accedono tramite una ben celata fessura in quello che viene a loro presentato come “villino dello scirocco”.
Sono le 14,30 e lo scirocco ha intanto portato la temperatura esterna a 47 gradi Celsius. All’interno del “villino” la temperatura scende ad assai più miti 35 gradi, ed ivi vengono sigillati in attesa della cerimonia che si svolgerà alle 17,30. Il cubo è severamente spoglio e privo di alcunché possa pericolosamente alzare la temperatura; niente televisore, frigobar o che altro: lo scirocco è occasione di meditazione e contemplazione nell’antica cultura della Sicilia meridionale.
Rimasti soli, i due si guardano attorno, si scrutano negli occhi e vorrebbero piangere; lo farebbero se solo avessero ancora del liquido disponibile nel corpo. Si scambiano poche parole, si intendono a cenni. Disfano le valige, si pongono ambedue in braghette da mare e canottiera della salute e si apprestano all’attesa. Il saggio, signorile, esanime Biamonti, uomo di acuta cultura e indole francofona, poeta che si è sempre e solo bagnato nelle acque del mare di oltre confine, ha lo spirito di esalare la sintetica frase “Francia-Italia, ci sarà mica una radiolina?”. Maggiani, greve rivierasco di sommaria cultura italofona, si aggira nel cubo prima di rispondere ansimando: “Italia-Francia, no, non ne vedo, cosa facciamo?” Biamonti fa una compunta smorfia, apre ancora la valigia ed estrae un involucro di pelle. Un apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa.
Dalle 15 circa alle 17,20 i due scrittori si passano l’un l’altro l’apparecchio e si consultano periodicamente sullo stato della loro pressione; quella del Biamonti è alta, pericolosamente propensa a salire, quella del Maggiani è bassa, angosciantemente in progressivo calo. Quindi si disfano delle braghette e si immolano ciascuno nel proprio vestito cerimoniale. Alle 17,30 in punto forzano il pertugio ed escono alla luce del sole pronti per il loro dovere.
La temperatura esterna nel frattempo è certamente aumentata perché una massa rovente mai patita li investe e li schiaccia contro il villino. Rientrano, pronti ad essere chiamati. Resteranno in attesa per un’ora e mezza, coltivando il sospetto e arrivando alla certezza di essere vittime di un inspiegabile rapimento a sfondo letterario. Alle 19 in punto una tremenda folata di arsura annuncia l’apparizione, con seguito di folta delegazione di popolo e autorità, del sindaco della città e del barone della tenuta, ambedue con le mani offerenti due enormi, mostruosi, deliziosamente brinosi sorbetti alla mandorla. “Scusassero tanto, carissimi professori, ma questa tragedia nazionale ci ha sottratto ai precedenti impegni e ci ha tenuto sospesi e incatenati alla televisione. Vogliamo procedere?” L’Italia era stata battuta ai rigori. Prima di accasciarsi su una sedia, il nobile Biamonti ha esibito un timido ma inequivocabile gesto di spregio alla volta del Maggiani.
Calato il sole dalla Tunisia si è fatto annunciare il vento del deserto. La temperatura al suolo è salita a 48 gradi Celsius, ma la cerimonia era ormai conclusa e restavano solo i festeggiamenti. Cena tradizionale: sarde cotte alla brace nel sale, accompagnate dal neonato doc, il quale è stato servito a temperatura ambiente, quella temperatura di quell’ambiente, essendosi per l’eccezionale ondata di caldo guastati gli impianti frigoriferi.
E pensate che a me possa mai più dare qualche emozione una partita di calcio giocata tra Italia e Francia, foss’anche per l’assegnazione del titolo mondiale?

Tratto da “Il Secolo XIX”, 9 luglio 2006