Maurizio Maggiani: Non sono l’ultimo soldato. Se l’Italia è impazzita cerco uno spazio di dignità

I consigli non richiesti sono generalmente quelli dei generosi; consigli di casta volontà, come li avrebbe catalogati un vecchio moralista. Cosicché per ricambiare tanta generosità e castità, i consigli non richiesti occuperanno oggi lo spazio domenicale che questo giornale mi offre.L’occasione viene dal signor Alfonso Grasso, di Genova, che così mi scrive: “Caro Maggiani, abbandonai il Decimonono dopo la mala risposta di un suo articolista luminare liberal. Inutile discutere, mi dissi, con chi non ammette critica e inverte i fatti, e comprare un giornale schieratosi sfacciatamente con i berluscones, e che ha la sfacciataggine di negarlo. Lei, Maggiani, che ci fa ancora lì? I suoi articoli da tempo non iniziano in prima pagina. Nella rubrica ‘lettere’, deve avere a che fare con i berluscones che le dicono di tutto. Lei è uno spirito libero, e ci passa sopra. Io non ho il suo spessore culturale ed etico, e mi indigno. Pensa veramente che questa gente maturi le idee attraverso discussioni, ragionamenti e l’esame dei fatti? Costoro pensano che sia ‘vero’ il processo (celebrato nel loro cervello) alle intenzioni di Giuliani, e qualificano al massimo come ‘possibile’ che le ‘truppe scajolate’ abbiamo pestato pacifici cittadini, che comunque vanno disprezzati!
Come può sperare – prosegue il signor Grasso- di convincere il lattaio, presso il quale mi imbatto ancora in questo giornale, che la colpa di Lenin sia quello di aver epurato un poeta, quando ogni berluscones che si rispetti è convinto che la sinistra italiana è corresponsabile di 100 milioni di morti! Che il loro nano è un perseguitato politico! Che Il SecoloXIX è finalmente ‘imparziale’! E poi, lei è in condizioni di dar loro100 euro a voto, come pare avvenuto (per ora) a Napoli? Lei non deve finire come quel soldato giapponese che difendeva l’isoletta a guerra ormai persa. Essendo lei una grande risorsa culturale ed umana della sinistra, potrebbe abbandonare il Secolo al suomisero destino e rivolgersi “al popolo di sinistra”(non intendo impegno partitico aut similia) che, fino a prova contraria, è in netta maggioranza sui berluscones? I mezzi ora non mancano: solo come esempio, il blog di Grillo è più visitato di quanto sia letto il Secolo. Con stima e, se permette, affetto, e tante scuse per il consiglio non richiesto”.
Signor Grasso, lei mi pone al cospetto di una riflessione non da poco: sono forse io un utile idiota messo lì a fare la sua bella figura nella vetrinetta di un giornale da lei con tanta veemenza detestato sfacciatamente berlusconiano, letto da una massa di gente incapace di ragionare e dedita al solipsistico frullamento del suo proprio limitato cervello? Ci ho pensato su un po’ e sono arrivato alla conclusione che io e lei abbiamo una diversa percezione del Decimonono e dei suoi lettori, come abbiamo una diversa idea del ruolo di chi si forma delle opinioni e sa tradurle in scrittura.
Ho scelto di scrivere sul Decimonono avendo la possibilità di farlo altrove – e magari anche meglio pagato, se è per questo perché mi piace – mi piace proprio poter comunicare con la città dove vivo, congli umani con cui condivido gli spazi della mia vita, e credo fermamente che sia utile a me e a chi mi legge farlo dalle pagine di un quotidiano che dalla comunità è riconosciuto come parte di sé, del proprio carattere e del proprio costume. Il Decimonono non è il quotidiano dei rivoluzionari anarcosindacalisti e Genova non è la comune di Kronstadt. Ma Genova non è neppure una landa di desolazione reazionaria e il Decimonono non è il suo meschino bollettino. Se c’è un carattere che riconosco nell’uno e nell’altra è la dignità. E con il passare del tempo è la qualità che più mi piace negli uomini e in ciò che fanno. Ci pensi su a proposito di informazione, a proposito di media: la dignità. L’imparzialità è una leggenda, e spesso una scusa per non dire niente, ma la dignità è virtù molto concreta. Dire con onestà quello che si pensa è dignità. Distinguere un fatto dalla sua interpretazione è dignità. Mettere a confronto equamente due idee contrapposte è dignità. Fare onestamente il lavoro di informazione non significa rinunciare alle proprie idee,ma dichiararle con onestà. E questo è ancora dignità. E io penso che questo sia un giornale dignitoso, e per questa ragione penso che sia il posto giusto per me.
Può giudicare questo giornale come vuole, ma sappia, per inciso, che è l’unico luogo dove mai – ripeto,mai mi è stato impedito o sconsigliato di dire quello che penso, come lo penso. Guardi che ho un bel po’ di esperienze alle spalle; guardi che la censura, diretta e indiretta, non è una prerogativa esclusiva della destra. Da questo punto d ivista credo che la mia presenza su questo giornale sia un “lusso” culturale e politico che non molti quotidiani nazionali hanno voglia di permettersi. E mi permetto di pensare che questo “lusso”non sia solo virtù dell’editore e del direttore del giornale, ma che sia anche riflesso del costume della città di Genova.
Se questa città mi piace è anche perché dentro il suo conservatorismo luterano possono provare a vivere senza mortificarsi -e persino in qualche modo protetti e benvoluti anche dei pazzi come il sottoscritto e più del sottoscritto. Parlo della città e non dei poteri che la sovrintendono; i quali poteri sono assai conservatori ma per niente luterani, formidabili tappi posti sopra ogni devianza dagli interessi consolidati. Ma a me interessa parlare con la città, non con i suoi poteri. Il Decimonono è forse parte di questi poteri? Se conosco un poco i poteri, direi proprio di no, troppo deludente risulta lo sfoglio di queste pagine rispetto alle aspettative dei loro poderosi appetiti. È possibile un conflitto di interessi tra la proprietà e una corretta informazione? Per quello che ne so io, credo che la proprietà del Decimonono sia l’unica in questo Paese ad avere i suoi interessi economici altrove e ben distanti da ciò che la politica è in potere di decidere e condizionare.
Sì, certo che un sacco di lettori non la pensano come me. Ma io ho per l’appunto voglia di parlare soprattutto con quelli che non la pensano come me; con quelli della mia “ghenga” ci parlo già quando ceniamo assieme o ce ne andiamo assieme in gita; e, pensi, anche in queste occasioni mi piace assai di più una compagnia “mista”. Sono curioso, mi piace ascoltare, e se ci riesco anche capire.Credo di aver delle cose da dire,ed è a quelli che so distanti che mi preme dirle per primi. A chi se no? Non ho un partito né una chiesa, non cerco proseliti. Soldatino muso giallo,resto pateticamente di vedetta su un’isola sperduta nell’Oceano; a difendere cosa? Quel po’ di civiltà etica che cova sotto la sporcizia accumulata in questi ultimi venti anni; anni “impazziti”. Sì,condivido l’idea del ministro Prodi,che già fu di Alcide De Gasperi: vivo in un paese impazzito in sue parti significative, parti sociali e umane che girano a vuoto sulla propria vita, senza un’ambizione e una volontà che non siano di puro soddisfacimento dei propri interessi. Ex cittadini che hanno perso la decenza della cittadinanza, e con essa l’idea stessa di bene comune, dovere civico, aspirazione collettiva ideale. La guerra è già finita, la guerra è gia persa? Se ha ragione lei si, ma spero di avercela io.

Tratto da “Il Secolo XIX”, 19 novembre 2006