Maurizio Maggiani: L’ammaina bandiera dei politici
All’inizio di questa settimana, quando ancora non si sapeva che le entrate fiscali erano state una volta di più superiori alle previsioni, e mancavano dunque eccitanti argomenti di selvaggio scontro politico, l’ex ministro Giulio Tremonti, indimenticato apostolo nel nostro Paese della dottrina della “finanza creativa”, ha lanciato con forza una proposta non di carattere economico finanziario, ma educativo: l’alzabandiera nelle scuole della Repubblica all’inizio della settimana scolastica. Lo ha fatto in un pubblico dibattito, e più che lanciarla, la proposta l’ha intimata questo dicono i commentatori per mettere con le spalle al muro il suo avversario dell’occasione, il signor Piero Fassino, segretario del già defunto partito dei Ds: infatti, notano quei commentatori, il signor Fassino non ha saputo cosa rispondere. Peccato, l’alzabandiera mattutino, al pari dell’ammainabandiera serale, è una gran bella cosa, e nei campi scuola dell’associazione scoutistica a cui mi sono onorato di partecipare da ragazzo, aveva un suo emozionante fascino.
Fossi stato nei panni del signor Fassino, avrei immediatamente ed entusiasticamente approvato l’idea e ne avrei conseguentemente informato con vigorosa determinazione il governo in carica a lui consonante. Se il signor Fassino fosse di spirito un po’ più pronto, avrebbe realizzato senza sforzo che la proposta era portatrice non solo di alti valori morali e patriottici, ma di una grande rivoluzione innovatrice nell’obsoleto assetto materiale del sistema scolastico nazionale.
Ma a parte la dote di leggiadra prontezza dell’uno carente nell’altro, ho l’impressione che i signori Fassino e Tremonti non passino davanti a una scuola da quando hanno lasciato le loro. Che immagino di grande prestigio, concepite in sontuosi complessi architettonici, munite di verdeggianti cortili e giardini.
Se i due signori avessero una qualche pur minima familiarità con la realtà, saprebbero che i nove decimi delle scuole italiane non sono in grado di fornire le basi minime per un alzabandiera, come non le hanno, purtroppo, per molte altre cose rilevanti e concernenti.
Dunque, cosa è indispensabile a un alzabandiera? Una bandiera, naturalmente, un’asta, un officiante, e un pubblico. Giusto? Bene, le bandiere ci sono, sono obbligatorie in tutti gli uffici pubblici e sono regolarmente esposte al vento e ai gas di scarico da tutte le scuole della Repubblica, adeguatamente supportate da un’asta.
L’asta, come noteranno i passanti, è solitamente modesta di dimensioni, ma c’è. Nel caso, è disponibile è pure l’officiante, nella persona del dirigente scolastico. Chi se non lui, il massimo responsabile del lavoro educativo e didattico? E immagino che i dirigenti scolastici non si sottrarranno; anche se, ci giurerei, dopo un paio di alza e ammaina -perché bisogna fare le due cose se no la prima non può essere messa in atto- delegheranno qualcun altro di rango inferiore, oberati come sono dal loro compito dirigenziale.
Sarebbe un po’ squallido se questa delicata funzione, da eseguire con la dovuta compuntezza e autorità, fosse assegnata a un bidello avventizio scarsamente motivato, ma si può evitare; anche solo il bidello anziano potrebbe andare benissimo. O lo studente vincitore del concorso interno per il migliore rendimento.
Serve infine il pubblico. Ovvero gli studenti, gli scolari. E a loro e per loro che la semplice cerimonia è concepita ed eseguita. A parte le piccole scuole in via di chiusura, vanno previsti dai duecento partecipanti in su. Fino a mille, addirittura duemila per i grandi complessi. Giusto? E quante scuole della Repubblica hanno lo spazio sufficiente per ospitarli? E dove?
I passanti sanno immaginare che questo potrebbe accadere solo sui marciapiedi e nelle strade davanti ai portoni di ingresso, dove la bandiera è attualmente affissa. Pochissime sono le scuole con un bel cortile, un bel parco, un bel prato e una bell’asta nel mezzo.
Che si fa? Si interrompe il traffico per la durata della cerimonia, mentre studenti e insegnati si pigiano intorno, spintonando i passanti, essendo spintonati, mentre le code delle automobili si dispiegano per tutte le vie adiacenti, con i clacson che strombazzano, gli autisti che imprecano contro la patria? Ve la immaginate la piega che prenderebbe la semplice e solenne cerimonia davanti al 99 per cento delle scuole?
Voi che vivete nella realtà certamente sì. Ma loro sono del tutto disinteressati alla vile, contingente, dura materia del reale. Lanciano proposte perché il movimento delle mandibole, lo scuotimento della lingua e l’emissione di fiato è segno di vitalità e di prestigio politico. La realtà non esiste, se non quella che a loro appartiene perché contenuta nella loro cervice. E la loro cervice è pervasa dall’idea che emettere fiato crei la realtà; proprio come ha fatto Iddio nella genesi dell’Universo. Il signor Fassino se ne sarebbe potuto andare da quel dibattito con un’idea che agli italiani sarebbe stata cara e benvolutissima: il rifacimento di qualche decina di migliaia di scuole per consentire sì l’alzabandiera, ma anche un sacco di cose altrettanto importanti per la giovane generazione di italiani. E sarebbe stato giusto affidare al signor Tremonti il compito di reperire le necessarie risorse. Chi meglio di lui?
Tratto da “Il Secolo XIX”, 27 agosto 2007