“Maurizio Maggiani: Io, “a Vicenza” grazie a un americano, dico a Bush che in casa mia decido io”
Qualora richiesto avrei espresso identica posizione a quella del presidente della Camera Fausto Bertinotti: anch’io, come lui, avrei partecipato volentieri alla manifestazione di Vicenza contro il raddoppio della base militare americana. Purtroppo, si parva licet, i miei impegni istituzionali me lo hanno impedito. Nella fattispecie oggi, domenica, in qualità di capo famiglia de facto, devo sovrintendere alle celebrazioni per il compleanno di Giorgia, la nostra nonna, mamma, sorella, badante di mio padre Dino. Cionondimeno ho potuto partecipare ugualmente, se non in corpore, grazie alla tecnologia satellitare e a un signore iperbolicamente ricco, imperatore dei media informativi del mondo e proprietario di Sky tv e del canale di informazione in lingua italiana Sky news. Questo Creso, che risponde al nome di Rupert Murdoch, non nasconde le sue simpatie per il presidente George W. Bush e per il conservatorismo repubblicano, ma evidentemente appartiene a un universo a noi del tutto oscuro, un universo dove si può fare del buon business producendo informazione ragionevolmente completa e dignitosamente onesta, lasciando le proprie propensioni personali altrove. Dunque sono stato a Vicenza per via telematica grazie agli ottimi servizi offerti da un imprenditore straniero e antipatico e non grazie alla pubblica informazione che si è dedicata al tema, non proprio secondario, mi pare, solo con Rai news 24, la brava e volenterosa nanerottola satellitare che ha fatto quel che poteva, e cioè ben poco rispetto alla concorrente. Vorrà dire pur qualcosa, ma lasciamo perdere.
Veniamo a Vicenza. Avrei desiderato esserci per due ragioni. La prima. Nella mia lunga carriera di manifestatore non mi è mai capitata la fortuna di partecipare a un corteo di protesta di massa in nome della qualità urbanistica della vita. Per come la vedo io, il tema urbanistico è uno dei più elevati della vita civica. La qualità dei progetti urbanistici stanno a una città come la qualità dell’acqua che beve. Se ha ragione il primo ministro, signor Romano Prodi, e il problema del raddoppio della base militare americana è urbanistico, così come ha decretato, quella di ieri è stata la più imponente presa di posizione avversa a un piano regolatore di tutta la storia dell’umanità; la prima volta che un’opinione pubblica nazionale si mobilita per una comunità locale afflitta da un pessimo assessore all’Urbanistica e da una imbelle commissione edilizia. Valeva la pena di esserci.
La seconda. Io non credo che sia una semplice questione urbanistica e credo che il modo e il contenuto di questa affermazione sia uno dei più stupidi errori di comunicazione e di sostanza commessi dal nostro primo ministro. Ospitare la più grande base europea in casa non può riguardare solo il modo in cui si costruiscono gli alloggi e le fogne. Riguarda le relazioni diplomatiche, politiche, militari tra ospite e ospitante, tra il nostro Paese e il suo alleato. Riguarda la sostanza più”pesante” di una politica di relazioni internazionali e di politica interna; riguarda la natura stessa del concetto di difesa e di alleanza. Decidere che quella base vada fatta con o senza l’adesione della comunità che la ospita, sacrificando alla sua edificazione aspettative e progetti dei cittadini, perchéè”superiore interesse di Stato”, è decisione di peso non lieve, soprattutto se i cittadini non sono stati informati adeguatamente sulla natura dell’interesse di Stato.
Quello che io credo in proposito è che il governo non avesse libertà di scelta, o credesse di non averla. Non perché il precedente governo avesse già preso formali accordi (che non è vero), ma perché ci sono pluridecennali accordi sottoscritti e non discutibili di cui i cittadini possono solo sospettare l’esistenza ma non conoscerne i contenuti, men che meno i particolari.
Sarei andato a Vicenza per rivendicare il diritto dei cittadini a sapere in che cosa e in che modo il loro Paese si è impegnato a nome loro a rinunciare ai loro legittimi interessi; sarei andato a sostenere la mia capacità di intendere e volere,e la mia volontà di decidere in merito a questioni di vitale importanza per me e per il mio Paese. Sto scrivendo con un computer prodotto in California, sul mio iPod, progettato nella periferia di San Francisco, metà della musica è americana (l’altra metàè monoliticamente di Johann Sebastian Bach), sul mio comodino ci sono tre romanzi americani; pensare che io sia antiamericano è come pensarlo di Clint Eastwood. Ma io voglio essere padrone del mio destino e della mia storia, del mio Paese; voglio che mi sia riconosciuta la dignità di cittadinanza, ovvero di sapere e decidere sapendo. Posso anche concedere parte del mio territorio a un alleato, ma se ne conosco la ragione e l’accetto. Da questo governo che biascica di discontinuità come se fosse una caramella che non riesce a sputare, avrei preteso l’atto di onestà di una pubblica affermazione di ragioni – è più decoroso affermare la propria impotenza che cercare di nasconderla – e di una ferma discussione con i diretti interessati; avrei preteso di non essere trattato come uno che non può o non deve capire. Se le cose stanno così, allora a Vicenza!
Durante la manifestazione, una giornalista di Sky news ha intervistato un inviato di Fox news, l’emittente più filobushiana degli Usa. Alla domanda su quali esigenze strategiche di guerra al terrorismo mondiale l’amministrazione avesse deciso di ampliare la base, il corrispondente ha risposto: “Credo che la ragione principale sia che l’Italia dice di sì e altri Paesi dicono di no”. Il Paese dove il dolce sì suona.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 18 febbraio 2007