Maurizio Maggiani: Il papà cuoco è un eroe per genetica

Abbiamo un nuovo eroe nel mondo, ed è un bene che ci sia, visto che mai come adesso sentiamo che ne abbiamo ancora bisogno. Casualmente è un italiano, e questo ci può legittimamente far sentire ancora meglio, visto che non stiamo passando un momento di grande autostima. Il suo eroismo si è compiuto molto distante dal suo paese, nella lontana India, nel cuore dell’antica, mitica città di Bombay. Che oggi si chiama Mumbai, guadagnandosi il titolo di capitale della contemporaneità globale, avendo pagato l’ingresso nella contemporaneità proprio in questi giorni, portandosi in casa l’inferno suo tipico. Come abbiamo visto. L’eroe di questi giorni è il cuoco di uno degli hotel di Mumbai, l’Oberoi, dove quell’inferno ha avuto modo di dispiegarsi in tutte le sue credenziali di tormento. E anche questo abbiamo potuto vederlo, a sazietà.
Il suo eroismo si è estrinsecato nel modo più semplice e diretto: ha rischiato la vita per dare da mangiare alla sua figlioletta. Ha sfidato la morte per portarle un po’di cibo. Tutto il mondo l’ha potuto vedere e sentire, tutto il mondo l’ammira. Il suo gesto ha in qualche modo riscattato almeno parte dell’orrore dell’inferno di Mumbai, e ci da sollievo dicendoci che dall’inferno si può sfuggire anche con la sola forza dell’umano coraggio.
Ma vorrei fare una riflessione al riguardo che non ha a che fare né con l’inferno né con l’eroismo, ma con la semplice nuda e cruda umanità. Per svolgerla devo pormi davanti all’episodio dell’hotel Oberoi senza esercitare alcuna partecipazione emotiva, osservandolo per ciò che è accaduto, con l’oggettività necessaria. Posso farlo.
Allora vedo la stessa scena,un padre che ha portato del cibo alla figlia prigioniera di un gruppo di assassini, e ciò che penso è: giusto, era quello che qualunque padre deve fare. Che altro doversi aspettare da un uomo se non che protegga la propria donna e la propria prole? Che altro mestiere se non questo il suo? Non sono forse alcune decine di migliaia di anni che il maschio adulto gode di molti privilegi solo perché è l’unico in grado di opporsi chiunque minacci l’esistenza e la prosperità della sua comunità?
Molto potere e molta fatica porta con sé la patria potestà, un’autorità che è liberamente assunta, ma che è anche inevitabile perché un uomo si senta compiutamente quello che è bene che sia, e sente di dover essere. Molte cose sono cambiate nel corso del secolo passato circa i ruoli sessuali, sociali e familiari, e per lo più in meglio, ma nulla di ciò che è stato detto e fatto può cancellare il retaggio “genetico” che vuole, sordo e implacabile, che un uomo si comporti da uomo.
Per questa ragione, se l’inferno dell’hotel Oberoi avesse da portare con sé una notizia, forse dovrebbe essere quella dell’uomo o degli uomini che non hanno fatto quello che andava fatto, nel caso che ciò fosse accaduto. E da qualche parte accade sempre, perché non potremmo altrimenti spiegare la ragione per cui un uomo che semplicemente fa ciò che deve, assecondando il suo naturale dover essere, diventi il nostro eroe del giorno.
Le sterminate moltitudini di uomini che attraverso i media hanno potuto ammirare il cuoco italiano,hanno anche potuto constatare la loro codardia; è tra i codardi che nasce l’eroe. Dunque, ciò che l’hotel Oberoi e il suo cuoco italiano raccontano, è che il mondo intero è oberato dal debito del dover essere, del dover fare. Tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere, ciò che facciamo e ciò che dovremmo, c’è un solco che non proviamo neppure più a saltare, o quasi mai più. È un debito che abbiamo contratto con gli altri esseri, con noi stessi. È un debito che finché resta insoluto fa di noi degli invalidi alla vita: naturalmente è assai difficile fare onorevolmente qualunque altra cosa se non riusciamo a portare del latte a nostra figlia.

Tratto da “Il Secolo XIX”, 30 novembre 2008