Maurizio Maggiani: I senza lavoro
Ho conosciuto Giovanni, 34 anni, un tecnico di audio digitale, un professionista con i “cosiddetti”, gli ho visto fare cose sublimi in teatro, in tv. Fino ad oggi era CoCoCo a 850 euro al mese, da domani, partita IVA. Ho conosciuto Ruth, 32 anni, editor di casa editrice, cinque anni di alta qualificazione e ottimi risultati. Fino a ieri CoCoCo a 800 euro al mese, da domani partita IVA a 600, perché anche la fidanzata del capo c’ha bisogno; se le sta bene, se no, anda. E ho conosciuto Silvana, 29 anni, laureata in filosofia, CoCoCo in un call center a 600 euro al mese, part time, da domani a casa e basta.
E il contrattista Manlio, 34 anni, all’Università per 900 euro al mese, che ha dovuto truffare il proprietario, mentendo sulla sua posizione lavorativa, per avere due stanze in affitto a 480 euro mensili. Stanze che ora non può ammobiliare perché la banca non gli concede un prestito da 3000 euro, visto che in fatto di garanzie è a zero. Ne conosco a centinaia di uomini e donne così e i sindacati dicono che sono decine di migliaia che con l’applicazione della legge Biagi, da CoCoCo, precari coordinati, stanno precipitando in progetti annuali ancora più precari o in miserabili partite IVA.
Sono uomini e donne nel pieno della loro energia intellettuale e fisica, la generazione che dovrebbe essere il nerbo intellettuale di una nazione, la sua classe dirigente in formazione e in spiegamento, la forza produttiva più attiva, quella su cui il Paese può fare conto per le preziose risorse della sua qualificazione, energia e proiezione verso il futuro. Una generazione di padri e madri di giovani famiglie in crescita, cuore in embrione del Paese di domani.
È una generazione di uomini e donne, frustrati, depressi, angosciati, da una condizione di incertezza assoluta. Una generazione massivamente precarizzata, a cui sono stati imposti ruoli e risorse sistematicamente precari. Dunque, ridotta a soffrire di una profonda incertezza anche psicologica e affettiva, interdetta nel suo diritto naturale e universale alla felicità e alla auto realizzazione. Consultare al proposito la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sottoscritta anche da questo Paese.
In nome di cosa e per quale superiore ragione è stato deciso di espellere dal futuro una generazione intera per sfruttarne le capacità al minor costo possibile? Chi lo ha deciso? È possibile e accettabile che una comunità sacrifichi la parte più proficua di se stessa? Che nome ha il Dio per cui si stanno sgozzando decine di migliaia di Isacco, senza che lui si degni di fermare il coltello? Dicono che questo è ciò che impone l’andamento economico nazionale. Ma l’economia nazionale dopo anni e anni di questo regime non ha nessun andamento, se ne sta ferma, immobile. A meno che per sviluppo economico non si intenda la vendita di fuoristrada e di natanti e il mercato immobiliare, le uniche manifestazioni di vivacità del sistema. Quelle che sono state un tempo le grandi imprese di questo paese, le imprese che hanno prodotto sviluppo tangibile per il Paese, sono oggi usate come strumenti finanziari, dunque speculativi. Le decine di migliaia di CoCoCo che da domani saranno ancora di meno, se non niente, hanno prodotto profitti e risparmi che non sono serviti a niente di buono per la collettività. Profitti che hanno generato soltanto altri profitti per i pochi che se li sono goduti; risparmi che hanno generato solo servizi scadenti per i molti che ne hanno bisogno. In quale mondo ragionevole, per quale sviluppo plausibile è lecito deprimere la generazione più attiva e istruita solo per garantire maggiori profitti alle compagnie speculative e risparmiare sul pubblico bilancio? Allo scopo di far più ricchi i ricchi e abbassare il livello della spesa pubblica onde abbassare la tassazione ai sopraddetti? Non mi risulta che ci sia altro progetto tra chi ha il potere di governare l’andamento economico. Viviamo forse in un paese migliore da quando questo progetto è stato attivato? Pensiamo di poter vivere in un paese migliore in un futuro visibile?
E c’è una cosa che va dolorosamente ricordata. Se questo governo sta raggiungendo l’eccellenza in questa stolida follia, è anche vero che chi lo ha preceduto ne ha pionieristicamente vagheggiato l’essenza. L’idea che la dinamizzazione del lavoro corrispondesse alla sua precarietà è parto della sinistra di governo. Pensavano all’America. Sì, ma senza l’America, che qui non si è mai vista e, temo, mai si vedrà, nella sua parte buona; la parte delle opportunità, la parte della concorrenza innovativa e della creatività imprenditoriale. Dovrebbero chiedere scusa per prima cosa nel chiedere una volta ancora il mio voto. Chiedere scusa per molte cose, e per questa in primis. I più astuti tra loro hanno biascicato qualcosa in merito, ma con la faccia rivolta di lato, tra una chiacchiera e l’altra.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 31 ottobre 2004