Maurizio Maggiani: Caro Sirchia, lo Stato mi tratti come fa con i tossicomani
Come e quanto abbia fatto per la pubblica salute il ministro Sirchia potete venirlo a sapere in diversi modi.
Potete entrare in un ospedale e chiedetelo ai medici, agli infermieri, ai pazienti e ai parenti dei pazienti.
Potete mettervi in cosa a uno sportello per prenotare una Tac, e chiederlo ai vostri colleghi di coda e agli impiegati. Potete sedervi nella sala d’aspetto del vostro medico di famiglia e chiederlo a quelli che aspettano con voi e al vostro medico. O potete farvi venire direttamente un infarto e chiederlo a quelli del 118, e al cardiologo di turno al pronto soccorso.
Quello che verrete a sapere per bocca di ognuno è che la sanità pubblica è oggi un involucro, un simulacro, un effetto ottico. La cosa che più si confà al ministro è raccontare i suoi sogni alla televisione, convinto com’è che la partecipazione di massa ai suoi sogni abbia un potentissimo effetto terapeutico. I suoi più significativi successi nel mondo del reale sono i seguenti:
1. l’introduzione d’obbligo nei ristoranti della mezza porzione per combattere l’obesità dilagante tra un popolo troppo pasciuto;
2. la definizione per norma di legge delle razze di animali pericolose per l’uomo;
3. le prescrizioni per la limitazione e la proibizione del fumo di tabacco.
Il terzo punto è il più importante. Il tabacco è un veleno e fumarlo può uccidere, in special modo se associato alla carta con cui solitamente viene consumato, allo stress che ne induce l’uso, all’alcool che gli sta bene in compagnia. Infatti uccide; non quanto l’alcool, ma comunque molto. Limitare e inibire il fumo di tabacco è giusto, è una buona politica di prevenzione. Lo dice un fumatore accanito. Che forse morirà di questo. Da fumatore ho accettato di buon grado di restringere il mio vizio entro confini che risparmiassero almeno chi fumatore non è.
Rispetto tutti i divieti. Rispetterò anche quello che toglie di mezzo dai treni le carrozze dedicate ai fumatori. Non scompartimenti, ma carrozze. È una differenza importante. Nelle carrozze per fumatori ci stanno solo loro, e dunque non esiste il problema del fumo passivo, ma solo il problema dei fumatori con se stessi. Il ministro vuole indurre i fumatori a smetterla una buona volta. È un proposito encomiabile, spero che ci riesca. Potrei fare dell’ironia sulle ferrovie, costatando che se per tutto il resto sono le peggiori d’Europa, almeno per quanto riguarda la salute dei fumatori sono all’avanguardia, essendo le uniche ad aver preso un’iniziativa così risoluta. Ma non è caso di ironie. Voglio invece porre al ministro alcune questioni che ritengo grandemente serie.
I fumatori devono essere messi, secondo il ministro, nelle condizioni di non nuocere neppure a se stessi, perché il fumo di tabacco è una minaccia mortale per la salute e nessuno ha il diritto di suicidarsi. Nonostante questo sia un tema su cui non tutti hanno le stesse idee, io, che mi sparo cinque Toscani al dì, sono disposto a condividere l’opinione del ministro: il fumatore di tabacco è a tutti gli effetti un criminale sanitario. Ma allora, ministro mio, è necessario che lo Stato se ne occupi come occorre che faccia al cospetto di un crimine. Ragion per cui, ritengo di avere il diritto a un trattamento analogo, almeno, a quello di un consumatore di droghe. Sì, l’eroina uccide meno del tabacco, meriterei dunque qualcosa di più, ma di questo mi accontento, dello stesso trattamento di un eroinomane.
Dunque, voglio avere la possibilità di emanciparmi dalla mia dipendenza. Voglio accedere alle strutture sanitarie sul territorio, come qualunque altro tossico; se il sostegno di un Sert non sarà sufficiente, voglio poter entrare in una comunità, voglio poter scegliere quella con il protocollo che più mi confà. Voglio guarire dalla mia dipendenza e poi essere aiutato a cambiare definitivamente vita. Voglio poter scoprire in me le elettività creative che mi permettano di guardare alla vita in modo completamente diverso da un tabagista puzzolente, senza speranze e destinato alla morte precoce.
Voglio che sia chiaro che il mio tabagismo ha radici profonde nel disagio esistenziale e sociale. Voglio essere messo in galera, se il grande sforzo istituzionale si dimostra inutile al cospetto della mia caparbietà a delinquere. E siccome non si è mai visto al mondo che siano aperti sulla pubblica via 100 mila spacci autorizzati di sostanze mortali, voglio che siano chiuse le tabaccherie e perseguiti gli spacciatori di tabacchi come si perseguono con la giusta severità gli spacciatori di marijuana, cocaina non ministeriale, eroina e affini. E, per finire, vorrei tanto che nella prossima finanziaria la ricerca scientifica sul cancro non fosse finanziata più con gli introiti delle tasse su tabacco. Perché voglio sinceramente smettere di fumare, senza per questo avere sulla coscienza centinaia di migliaia di vittime di una malattia non più studiata per mancanza di fondi. Io la prendo sul serio ministro, prenda anche lei sul serio se stesso, se ne ha ancora la forza.
Tratto da “Il Secolo XIX”, 8 febbraio 2004