Maurizio Maggiani: Alle primarie voterò sulla questione morale

Penso che troverò il modo di andare a votare per le “primarie”, per la scelta del candidato della sinistra alla guida di questo Paese. Perché sono un simpatizzante della sinistra e simpatizzo in particolare per ogni forma possibile di democrazia. Così come sono state concepite queste primarie mi hanno costretto al sospetto di una pagliacciata – indire delle elezioni primarie con un candidato unico credevo che oggi come oggi fosse immaginabile solo dalla mente perversa della Somma Guida della Corea del Nord – ma sono talmente affamato di partecipazione da soprassedere a ogni possibile ragionevole dubbio. Certo, so già chi vincerà – anzi, chi deve vincere – ma un voto liberamente espresso è sempre un voto, è un gesto che si fa numero, un numero che va contato, una somma che si fa segno di una volontà di molti o di pochi. Un voto libero resta da qualche parte sempre vivo, per memoria e per impegno.
E poi c’è questa gran novità della questione morale – posta con straordinario tempestivo ritardo, per come la vedo io – ma pur sempre ufficialmente posta, da alcuni autorevolissimi candidati. E sulla questione morale io mi sento preparatissimo, è la “mia” questione. Credo addirittura che sia la madre di tutte le questioni, il padre di tutti i problemi, la sorella di tutte le frustrazioni, il figlio di tutti i turbamenti. E sono fieramente convinto che ciò che io percepisco con viva tridimensionalità del decadimento economico, culturale, sociale, e persino demografico di questo Paese sua tutt’uno, intrinseco e consanguineo, con il degrado morale del suo ceto politico.
Per questa ragione, recandomi alle urne per le primarie, quello che io amerei aspettarmi a pagina uno del programma sarebbe un chiaro e succinto riassunto di futuro governo morale del Paese; uno per ogni candidato tra cui scegliere. E siccome niente come la morale è questione di atti e non di parole – le chiacchiere fanno la morale, anche a voler solo portare rispetto alle profonde radici cristiane che tanti ci stanno a cuore – sarebbe cosa gradita un elenco di azioni morali di urgente esecuzione. Perché se c’è una cosa che urge, che preme, e premendo duole, è la necessità di un’epoca nuova, di una nuova età di questo Paese; perché un’epoca nuova ha bisogno di costruttori non di oratori.
Siete dunque, stimatissimi candidati, uomini nuovi per una nuova età? No, non lo siete. Siete vecchi uomini che persistete nel tempo in virtù della vostra tenacia nel tempo in virtù della vostra tenacia a durare oltre le epoche e le sconfitte nell’ultima gerontocrazia dell’Occidente contemporaneo. Incapaci del primo dovere di una classe dirigente – quello di formare una nuova generazione per la propria sostituzione – espertissimi nella produzione – vietatissima dalla morale corrente – di cloni e sosia da utilizzare nelle emergenze. Se siete così garbati da porre la questione morale, come potete non sapere che l’attaccamento al potere – o alla ricerca del potere – è quanto di più immorale possa essere addebitato ad un uomo politico? Sceglierò tra voi cosciente di un peccato capitale che non ha assoluzione?
No, non siete nuovi, ma almeno diversi lo siete? In cosa siete diversi, quali atti vi distinguono? Come siete riconoscibili per strada, come lo siete nella vita politica e anche in quella privata? Sì, anche nel vostro agire quotidiano, come nello stile delle vostre vite politiche, possiamo riconoscere ciò che ci piacerebbe: una diversa tempra morale. Abbiamo conosciuto uomini di tal tempra, in altre epoche. Dimostrate la vostra diversità, ne abbiamo bisogno come del pane. Se non siete stati capaci di estinguervi avendo generato uomini nuovi, se non potete concepire una vita lontano dal potere, sapete almeno costruire una diversa idea del potere e del suo esercizio? Oppure pensate, nell’alveo del più puro e antico pensiero anarchico, che il potere sia uno solo e uno solo il modo di gestirlo? Ci sbagliamo noi cittadini quando percepiamo l’omologazione tra voi tutti e la distanza da tutti noi? Se si, dimostratecelo. Ora, domani, con ciò che sul vostro onore vi impegnate a fare per contraddirci.
Quante domande, quante domande, candidati miei di queste primarie elezioni, mi vengono in mente per via della questione morale. Come mi piacerebbe passare una bella giornata elettorale a farvele, uno per uno, fatto per fatto, accogliendo con fiducia le vostre risposte. E la prima è sempre la stessa. Forse la meno importante, ma che mi rode come un tarlo da anni, visto che non vi siete mai degnati di rispondermi. Mi volete spiegare per quale ragione di ordine superiore, in base a quale imperativo morale un parlamentare di questo paese debba costare ai cittadini il doppio di uno francese o tedesco, il triplo di uno inglese, dieci volte un parlamentare spagnolo (fonte “Il Sole 24 Ore”)? Quali servizi rendete agli immiseriti cittadini grazie al vostro immorale agio, che gli altri parlamentari europei non sanno rendere?
Ho visto che qualcuno tra voi ha posto la questione, lo ha fatto con straordinario tempismo, e me ne duole. Proprio perché non dovrebbe essere solo acqua passata. È a partire dal vostro stato, da quanto siete capaci di sentire e soffrire l’immoralità della vostra condizione di alterità dai cittadini, di immunità dalle loro disgrazie, che possiamo cominciare a capire e apprezzare se non il nuovo, almeno il diverso. E sentirci di fare la nostra parte e aver voglia di farcela. Perché la questione morale, naturalmente, riguarda tutto il Paese e ciascuno di noi.

Tratto da “Il Secolo XIX”, 14 agosto 2005