Maurizio Maggiani: Addio alla signora che trovava casa ai principi e alle prostitute

La Signora se ne è andata. La signora Carrara, la signora dell’agenzia di vico Fieno a Genova, la signora Bruna. Naturalmente non avrebbe dovuto farlo, non esiste per una Signora il tempo giusto per andarsene. Comunque decida, qualunque sia l’età della sua vita, lascerà sempre tutto ammezzo, tutto incompiuto, tutto incolmabile.
Una vera signora tiene strette in eterno le redini di molte diverse faccende di molte diverse vite.
La Signora se n’è andata, ed è un disastro per chi l’ha amata e l’amerà, ed è un disastro per Genova. Un piccolo disastro in una grande città. Vorrei spiegarlo bene questo, vorrei parlare un poco di signorilità, e di nobiltà. Genova ha la sua signorilità, gode del lusso della nobiltà.
La signora Carrara non ha antenati dogi, ha una agenzia immobiliare in vico Fieno, ce l’ha da cinquant’anni. Uno scagno dove commercia in mediazione; io che mi ci sono seduto parecchie volte su una delle due sedie di legno ad uso del pubblico, posso testimoniare che quell’agenzia può essere certificata come “scagno originale alla genovese, XIX secolo”. Ecco, il punto è che dentro lo scagno la signora Carrara il suo lavoro di mediazione lo fa signorilmente, con nobiltà. Credo che un quarto della nobiltà di Genova sia venuta da gente come lei. Gente che ha trafficato in ogni genere di commercio guadagnando senza avidità, conteggiando il fatturato sulla punta del lapis e bagnando il lapis con un’etica “du trafegu”. Sì, incredibile che possa sembrare, essendo gente dotata di una coscienza. Gente che non per questo ha finito i suoi giorni sul lastrico, ma nemmeno ricca come avrebbe potuto essere privandosi della sua signorilità. Ho fatto in tempo a conoscerne diversi di signori “du trafegu”; il primo, vent’anni fa ormai, un mediatore di stoccafissi. Ma la signora Carrara lavora in un ramo ancora più delicato dello stoccafisso. Se c’è una categoria di umani per cui la giustizia divina non è ancora riuscita ad approntare un girone dell’inferno abbastanza fondo e punitivo, è quella dei mediatori immobiliari; un ramo dove la speculazione, l’inganno e il raggiro raggiungono vette di sublime altitudine.
Ci sono due fotografie nello scagno di vico Fieno. In una la Signora in gran sussiego riceve un premio non so da quale autorità, nell’altra sta parlando davanti al suo scagno con un’altra signora. Lei mi ha raccontato di quella fotografia, mi ha spiegato che l’altra signora era una nobile “battona” del centro. La Signora usa questa parola nel suo specifico senso etimologico, non ci appiccica accanto nessun giudizio. La Signora ha trovato casa a generazioni di queste signore, come l’ha trovata a generazioni di “crème” cittadina. Come l’ha trovata a me. E sono pronto a giurare che l’abbia fatto per ciascuno del suo milione di clienti senza preferenze, allo stesso suo modo: offrendo a ciascuno la meraviglia di una casa per sé, come un miracolo. E sono pronto a giurare che ognuno ha intimamente creduto che la signora lo facesse per pura passione, per devozione a un servizio di grande valore civico. Prendeva la sua parte, naturalmente, e gliela abbiamo data pensando sempre che in fin dei conti era poco. Se non fosse che sono genovese, diceva, lo farei volentieri a gratis questo lavoro. E credo che fosse sincera.
Nelle sedie di legno di vico Fieno ci ho visto seduta la meglio aristocrazia borghese del centro storico, ma ci ho visto capi famiglia cinesi, anziani marocchini, giovani commercianti senegalesi; a suo tempo ci si sono seduti un bel po’ di immigrati dell’Italsider. La prima generazione di ciascuno di loro a cercare un piccolo affitto, la seconda un modesto acquisto, la terza qualcosina di meglio. A suo modo la signora Carrara è stata un fattore rilevante di risanamento del centro storico. Ma non le piaceva il 2004, anno della cultura. Perché con tutta questa cultura, diceva, i prezzi delle case non sono più per la gente per bene.

Tratto da “Il Secolo XIX”, 28 dicembre 2004