Le Elezioni

Ha nevicato, ghiacciato e piovuto, si sono chiusi il Bracco, la Scoffera e la Cisa, si son fermati gli aerei, i treni e le navi, era previsto che la fine fosse a un passo, ma dopotutto il Giudizio Universale è stato rimandato a quando non si sa e così noi adesso siamo qui, siamo a domenica, inutile dirlo, la fatidica domenica elettorale, questa sì che poteva anche essere rimandata causa maltempo che non ci avremmo trovato da ridire. Eppure è qui, ineluttabile e ineludibile, possiamo farci quello che vogliamo di questa domenica ma resta la domenica del voto, resta quel che resta di uno straccio di democrazia. E mentre sono qui che mi dico mi vesto o non mi vesto, scendo o non scendo, aspetto che spiova ma se poi non spiove, vediamo magari di pomeriggio, ma sì dai vado, ma no, non vado, mi viene da canticchiare una canzone, vecchia di quarant’anni, e mi viene da piangere, sul serio, proprio da piangere, perché è stato così, lo è stato per tanti anni e sarebbe così giusto, così ovvio, che tornasse a essere così, la cantava Giorgio Gaber, si intitolava Le Elezioni.
Generalmente mi ricordo
una domenica di sole
una mattina molto bella
un’aria già primaverile
in cui ti senti più pulito
Anche la strada è più pulita
senza schiamazzi e senza suoni
chissà perché non piove mai
quando ci sono le elezioni
Una curiosa sensazione
che rassomiglia un po’ a un esame
di cui non senti la paura
ma una dolcissima emozione
E poi la gente per la strada
li vedo tutti più educati
sembrano anche un po’ più buoni
ed è più bella anche la scuola
quando ci sono le elezioni
C’è un gran silenzio nel mio seggio
un senso d’ordine e di pulizia
democrazia
Mi danno in mano un paio di schede
e una bellissima matita
lunga sottile marroncina
perfettamente temperata
E vado verso la cabina
volutamente disinvolto
per non tradire le emozioni
E faccio un segno
sul mio segno
come son giuste le elezioni
E’ proprio vero che fa bene
un po’ di partecipazione
con cura piego le due schede
e guardo ancora la matita
così perfetta e temperata
io quasi quasi me la porto via
democrazia

Il Secolo XIX, 11 marzo 2018