Ius et Lex

Cari lettori, vi invito a volere un po’ di bene alla signora Angela Merkel, vi sprono a seguire il mio esempio, giacché io stesso ho iniziato a volergliene. Non gliene ho mai voluto; fidandomi dei miei amici tedeschi –tutti borghesi molto colti e piuttosto sofisticati, tutti SPD e Grunen-  ho sempre considerato la signora Merkel un politico di modesta intelligenza e scarso acume, strumento semi consapevole del potente sistema finanziario tedesco, in definitiva non adatta a governare la Germania  per voce stessa di Helmut Khol. Ho cominciato a riflettere sulla signora Merkel quando è diventata bersaglio dei più volgari sbeffeggiamenti da parte dei peggiori e meno presentabili tra i politici e gli opinionisti di casa mia, sono addivenuto alla sua riabilitazione e a un sincero sentimento di simpatia ier l’altro mattina, nell’apprendere del mondiale scandalo che ha suscitato l’episodio che l’ha vista interprete, per interderci “Adesso la Merkel fa piangere anche i bambini”, come oggettivamente ha intitolato questo giornale. Sì, la ministra Merkel ha fatto piangere una bambina palestinese, l’ha fatta piangere durante una sua visita in una scuola pubblica dove quella bambina, profugo palestinese da quattro anni ospite della Germania, e del suo sistema assistenziale e educativo, ha avuto occasione di chiederle ciò che le sta più a cuore, risiedere per sempre in Germania con la sua famiglia, esserne cittadina. La sighnora Merkel le ha detto: no, nonn è possibile, il Libano da cui provieni non è paese in guerra e non hai diritto di restare. Le ha detto la verità, le ha detto la verità della legge. Che per altro non è legge solo tedesca ma legge europea; una legge forse giusta ma certo non buona, una legge che non protegge nemmeno i bambini, ma pur sempre e solo la legge. Forse la signora non è pratica di bambini e si è dimostrata priva di tatto, forse i bambini vanno protetti dalla verità. Certo, il solo fatto che quella bambina fosse palestinese non l’ha protetta da nulla, mai da quando è nata; essendo palestinese non ha avuto diritto a una casa, a una patria, a crescere in pace e allegria, ha vissuto in un campo profughi di un paese straniero, il Libano, dove non ha avuto diritto a niente di quello che la Germania le ha dato fino a oggi. Essendo palestinese, la sua sorte non ha commosso nessuno fino a venerdì, quando la cattiva signora Merkel le ha detto la verità. E di lei e del paio di milione di suoi coetanei di Palestina non gliene sarebbe fregato niente a nessuno, a nessun ministro a nessun giornalista, se non fosse che quella strega l’ha fatta piangere. Perché le cose stanno così, bambina mia.
Notevole il fatto che a fianco di questa notizia venerdì è apparsa, non troppo in rilievo, quella concernente un nutrito gruppo di condomini del quartiere Quinto in Treviso che, radunatosi in plebe selvaggiamente furente e dotatisi di un’avanguardia estratta dal fior fiore di canaglia politica –a scanso di equivoci, uso qui il sostantivo plurale “canaglia” nella sua accezione ormai arcaica, familiarmente assonante con “cagnara”- ha saccheggiato e dato alle fiamme pubbliche proprietà adiacenti alle loro private allo scopo di impedire che fossero utilizzate per ospitare un gruppo di richiedenti asilo, più che altro dei negri. La plebe era composta come tradizione da dolci madri e solerti padri, da arditi giovanotti e placidi fanciulli; tra questi, quelli in età e voglia di assistere e comprendere un telegiornale, fermi antipatizzanti della signora Merkel e della sua disumana idea di legge e verità. Qualcuno tra i negri ha pianto a causa del furore plebeo? Non lo sappiamo, le cronache ci negano questo interessante particolare. Sappiamo che a seguito della sommossa e allo scopo di placare la plebaglia, le autorità locali e statuali hanno compiuto una serie di atti nessuno dei quali a rigore di legge, a rispetto della legge, secondo i principi di legalità e verità. Escludendo nelle loro azioni, naturalmente nei confronti dei negri, i principi di umanità che abbiamo visto difettare con raccapriccio nella signora Merkel. Pare che la plebe di Quinto in Treviso abbia dato di matto terrorizzata in primis dall’idea che, infettati dalla vicinanza dei negri, i loro appartamenti acquistati con tanti sacrifici, perdessero valore immobiliare. La plebe è capace di dare fuoco al mondo pur di non fare i conti con la verità, è sempre stato così. La verità che le mamme e i papà di Quinto rifiutano è che i loro bei appartamenti non valgono già niente di per loro, che si sono fatti fregare dagli immobiliaristi e dalle loro banche, che il patrimonio immobiliare di bassa lega giace da tempo in piena bolla speculativa e fino alla fine dei tempi non riavrà mai il valore fasullo con cui sono stati acquistati. La verità fa male, lo so, il saccheggio rende liberi. In questo Paese. Dunque, se mi permettete cari lettori, dovendo scegliere tra la cattiva signora e i buoni trevigiani, I love Merkel. Anche solo per conservatrici ragioni di ius et lex.

Il Secolo XIX, 19 luglio 2015