Scrivo adesso con la partita finale ancora da giocare perché quello che mi preme dire non ha bisogno di sapere se sarà vittoria o sconfitta. Io seguo con fatica il calcio. Innanzitutto perché ho la vista talmente malridotta che non vedo dove va la palla e non riesco a riconoscere i calciatori, le telecronache per me sono radiocronache con aggiunta di fantasia; naturalmente il nuovo modo di giocare, così veloce, così performante, peggiora le cose, e a peggiorare ancor di più il fatto che sono un vecchio, nostalgico, doriano, che già faticava a sentirsi a suo agio nel Ferraris messo a nuovo per i mondiali di trent’anni fa. E va bene, faccio fatica, eppure ho provato un gran piacere ad andar dietro alle partite che si è giocata l’Italia, un piacere che non pensavo di poter ancora provare. La nostra non è la compagine più forte, non è un santuario di grandi campioni, e allora? Forse che non si può giocare anche così come siamo? Forse che l’unico modo è l’antico nostro modo del tirare a campare incatenati nella nostra metà campo, e sperare di infilarsi per il rotto della cuffia con l’aiuto dell’italica furbizia. No, possiamo essere qualcos’altro, possiamo giocare per quello che sappiamo, ma giocare, divertire e persino divertirci, provare e tentare con coraggio e disincanto, essere belli da vedere, buoni per vincere e disposti a perdere provandoci. E assai più saggi che furbi, saper giocare nel modo nuovo e non dimenticarci del vecchio quando non è una filosofia ma una necessità. Duttili e estrosi, felici di fare al meglio evitando di mentire a noi stessi e a chi gioca non noi. E così, anche se non siamo i migliori, siamo i più coraggiosi e i più divertenti, siamo ammirevoli. Naturalmente non mi sfugge, come potrebbe, il piacevole particolare che è la mia vecchia Samp che orchestra e dirige, la panchina della nazionale sembra una riunione di veterani, e Mancini parla per conto proprio ma a volte sembra che lo faccia anche per conto di Vujadin Boskov, così che mi capita di fantasticare, di veder giocare la Samp con la maglia della Nazionale, e capisco che questa è una fantasia mia. Ma pensate se potesse essere sempre così, se ogni volta che ci mettiamo in gioco, ogni volta che lo facciamo in ogni sorta di torneo, compresi quelli davvero difficili, quelli dove non è una coppa a essere messa in palio, pensate se sapessimo essere sempre più saggi che furbi, estrosi e coraggiosi, disposti a rischiare in nome della bellezza di ciò che facciamo. Pensate che Paese saremmo mai.