Ferie d’agosto.

Quest’anno le mie due settimane di vacanza sono durate diciotto ore esatte. E non sono state, credetemi, diciotto ore da favola. Vi racconto.
Per varie e disgraziate evenienze non sono riuscito questo inverno a prenotare per tempo e per il tempo voluto la casetta sulle balze del Salto della Lepre che da molti anni ho eletto a momentaneo e provvidenziale paradiso terrestre, centro di riabilitazione, ricovero spirituale, rifugio balneare e meritato sollazzo. Quella Lepre che si precipita in mare da una balza di falesia risiede in Bonassola, il borgo di Riviera di cui ho persino ritegno a parlarne per paura che anche solo un esclamativo mal detto possa corromperne il decoro, la dignità e la balneabile amenità che ha saputo conservare a un passo dallo sprofondo del degrado rivierasco di Levante. Tanto per dire, a Bonassola c’è persino un pesciaiolo, dico un pesciaiolo, che se glielo chiedi gentilmente riesce a procurarti in una settimana un loasso, dico un loasso, vero, di quelli pescati nel vasto e misterioso mare. Un sogno. Cosicché, perduto l’alloggio non me la sono sentita di perdere anche il contesto, e ho fatto quello che oggi si fa quando per qualsivoglia ragione ci si trova con l’acqua alla gola. Ho compulsato Google, ho chiesto al Motore di trovarmi un altro alloggio nella quiete della primissima collina di Bonassola, nell’incanto di una natura incontaminata, a un paso dal mare. Non era ancora l’equinozio di primavera che già il Motore faticava a girare e dai e dai, spingendo un po’ e un po’ frenando, ecco che si appalesa una persuasiva galleria di immagini declamanti una stanza da letto, una cucina e un giardinetto vista mare per 1400 euro le due prime settimane di agosto. Stai anche a pensarci? Preso. A dire il vero più volte nel corso dei lunghi mesi che mi separavano dalle agognate vacanze mi è venuto l’uzzo di andare di persona a dare un’occhiata. Maniman. Poi, si sa, il logorio della vita moderna, andiamo la prossima settimana, no che ho un impegno, proviamo per l’Ascensione, sì, no, vediamo un’altra volta, e buona notte al secchio. La casetta al Salto l’avevo a suo tempo scelta all’antica maniera, a seguito di una segnalazione di persona fidata, quindi un primo contatto telefonico, poi una visita e infine un’ultima occhiata per la caparra. Qui ho visto un po’ di foto, ho sganciato la caparra e quattro mesi dopo mi sono presentato a mezzodì, armi e bagagli, a confrontare il cammello accaparrato via net con la vividezza della sua materia. La casa era quella, non c’è che dire, e anche il giardinetto. Quello che il net ha trascurato di illustrare è un particolare interiore. Già, internet ha qualche problema con l’interiorità, in ognuna delle sue accezioni. L’interiore della casa era di una sconcertante, inveterata, pluriennale sporcizia e trascuratezza. Voglio spiegarmi in dettaglio. Pentolame unto, peli–pubici o perianali?- nel bidet. Doccia con scarico intasato, bagno senza finestra con estrattore non funzionante, briciole di un ultimo, frettoloso spuntino sulle sedie intorno al tavolo di cucina, un dito di polvere ovunque, massicci sedimenti calcarei nello scolapiatti, un impianto elettrico di una precarietà foriera di fulminamenti. Naturalmente non siamo entrati in quell’idillio scassinando la porta, ma accolti dal gestore. Il quale è rimasto interdetto e stupito del nostro sconcerto, mai una lamentela in tanti anni. Deve essere anche un brav’uomo. Visto che, per compiacerci, lui che gli sembrava così tutto quanto a posto, si è anche messo a lavare qualche stoviglia insieme a noi. Questo abbiamo fatto per le prime sei ore della nostra vacanza, pulire la casa delle nostre vacanze. Che altro fare? Andarsene su due piedi? E dove? Tornare a casa in una tragica e umiliante ritirata di Russia? Proviamo a metterci una pezza, lo avreste fatto anche voi, non dite di no. E non dico che non sia stato bello cenare al sacco nel giardino vista mare. Magari la pezza avrebbe anche tenuto, se non fosse stato che mia moglie, femmina di delicata sensibilità, avendo rinvenuto nelle lenzuola alcune formichine, si è coricata vestita da viaggio, calzette comprese, e se n’è rimasta, lì, tutta notte con gli occhi sbarrati nel vuoto. Forte di un’antica esperienza di sonni in compagnia di ben altri e impegnativi insetti, io e mie cinque ore di sonno me le sono fatte, ma la mattina alle sei in punto eravamo lì a fare i bagagli. Ci siamo congedati dal gestore e dalla nostra caparra con un sms. Avrei pagato anche un riscatto pur di andarmene di lì, ma il gestore non ha dato cenno di esistenza alcuna.
C’è una morale? No, non c’è. Vi scrivo da un agriturismo nel cuore del Piemonte, preso al volo sul net, ultima offerta. È molto bello e confortevole e pulito. Be’, non c’è il mare, quello no, ma ci sono un sacco di vigne, anche se sono vigne di moscato e a me il moscato non piace, e ci stiamo adattando senza grandi problemi a nuotare in piscina. L’unico difetto è una nutrita famiglia di tedeschi, terroni bavaresi, che occupa la piscina giocando con una enorme palla anche se il regolamento, scritto anche in tedesco, lo proibirebbe. Comunque in questo caso internet è stata leale. Come quando compro libri o cerchioni di bicicletta su Amazon, come, mi dicono, in un’infinità di altre occasioni di cui non ho esperienza diretta. Ma quando leale non è? Il vecchio saggio sistema del prima vedere cammello e poi scucire tallero, così pratico, così immediato ed efficace, non abita sul web. Per pareggiare i conti del mio onorabilissimo scontento potrei richiamare il mio avvocato dalle vacanze, potrei fare un esposto alla ASL, potrei solamente dedicarmi alla ritorsione. Mentre quello di cui ho bisogno non è vendetta, ma una vacanza al mare, solo di quello.

Il Secolo XIX, 9 agosto 2015