Un picchetto di operai davanti a una fabbrica, un camionista forza il blocco, un sindacalista resta sull’asfalto del piazzale morto ammazzato; questa è la scena di un film degli anni ’50, gli anni ‘50 del secolo scorso, un film americano, o francese, o italiano, potete scegliere, a quel tempo è una storia buona per tutte le sale d’Occidente. Identici i personaggi, il sindacalista e il camionista crumiro sono due poveri cristi malati e affamati, combattono tutte e due per la vita, su due lati opposti del fronte del porto, del fronte della fabbrica, forzatamente nemici, costretti ad esserlo dal vero nemico, che non è lì con loro, è altrove, se ne sta seduto nelle poltrone in pelle dei consigli di amministrazione, osserva compiaciuto fumando il suo lungo sigaro alla vetrata del suo ufficio. Come è possibile girare lo stesso film, ora a colori, settant’anni dopo? Come è possibile dopo settant’anni di pace e prosperità per tutto l’Occidente? Eppure è un documentario che abbiamo appena visto un paio di giorni fa. Una settimana fa invece, il residente statunitense Biden, ha proposto all’Occidente politico, UE, e all’Occidente militare, NATO, di dichiarare una fredda guerra alle autocrazie del resto del mondo in nome dei sacrosanti, se non santi, principi immortali fondanti la democrazia liberale di cui godiamo i dolci frutti, minacciati dalle creature delle tenebre; un documentario degli anni ’50 del secolo passato girato ancora una volta, ora a colori, settant’anni dopo. Come è possibile? la storia della guerra delle democrazie contro le autocrazie liberticide è naturalmente tutta fuffa, lo sanno benissimo i capi di stato che hanno applaudito all’idea, e dovremmo saperlo anche tutti quanti noi, basta non aver spento il televisore quando, mezz’ora dopo le solenni dichiarazione, Biden si è profittevolmente incontrato con Recep Tayyp Erdogan, universalmente noto come Il Sultano, ribadendo il ruolo fondamentale della sua Turchia nella difesa, armata, dell’Occidente. Il fatto che nelle galere turche ci siano più giornalisti che in quelle di Putin, se è vero che i dissidenti russi nelle galere rischiano di morire e in quelle turche già ci muoiono, è forse giudicato un particolare di colore; la verità vera, è quella di Kissinger, uomo di rara franchezza, quando disse del dittatore narcos di Panama Noriega, sì è un bastardo, ma è il nostro bastardo.
Vi chiederete perché mai ho masso assieme i due sconcertanti remake, beh, pensateci un po’. Sarà mica che i poveri cristi che continuano a lottare e morire per il pane possano almeno gioire di pensare e votare come gli pare? Sì, è vero, qualunque cosa pensano e chiunque votino il pane continuano a non averlo, ma il nemico è alle porte e non è certo questo il momento di stare a questionare. Secondo la Banca Mondiale, la Cina, il nostro pericolo numero uno, il moloch retto da un liberticida regime comunista che sta letteralmente divorando l’economia mondiale, è l’unico paese che negli ultimi vent’anni ha redistribuito, ovvero, incredibile ma vero, ora in Cina i ricchi sono un po’ meno ricchi e i poveri un po’ meno poveri di vent’anni fa; ci pensate al casino che avremmo in casa se i nostri poveri cristi fossero sfiorati dall’idea di scegliere tra il comunismo che riempie la pancia e la democrazia che riempie i seggi elettorali?