Charlie
Sulla storia del “piccolo Charlie”, il neonato morente per una malattia genetica dei mitocondri che allo stato della scienza medica è incurabile e di esito sempre infausto, io ho le seguenti informazioni. 1, attualmente al mondo non esiste nessun protocollo di cura validato e sperimentato. 2, in America un gruppo di medici ha pubblicato una ricerca sulla sperimentazione in topi condotta sul gene TK2 mentre la malattia del “piccolo Charlie” dipende dal non funzionamento del gene RRM2B, infatti non si sono mai offerti di fornire un protocollo, il protocollo per l’ RRM2B non c’è. 3, il protocollo non c’è neppure al Bambin Gesù di Roma, come onestamente dichiara il suo direttore scientifico. Ciò premesso, pongo ai lettori la seguente domanda: riguardo al caso del “piccolo Charlie” quante volte avete sentito o letto della sofferenza dei suoi genitori e quante della sofferenza del neonato? È una ricerca non difficile da condurre, basta comprare un po’ di giornali e tenere la televisione accesa. Il mio conto, seppur approssimativo, è di dieci a uno a favore dei genitori. Il mondo intero ha a cuore la sofferenza dei genitori del “piccolo Charlie”, una sofferenza che cii pare di conoscere bene e condividere, mentre ci chiediamo se poi il neonato soffra davvero e in che modo, perché se non soffre troppo allora… Di Charlie ci preme che viva, non in che modo, dei suoi genitori che vivano senza soffrire. E i suoi genitori quando parlano del figlio morente parlano di loro stessi, della loro sofferenza; vogliono, dicono, poterlo ancora abbracciare, vogliono che il loro figlio viva per non morire di dolore. Si sentono dei veri proletari, proprietari unicamente della propria prole, proprietari della vita e della morte del loro figlio; proletari d’amore, perché non è certo un interesse economico che li tiene avvinti a lui, ma una potente carica affettiva, un immenso amore. L’amore, chi non lo sa, crea e annienta, fa del gran bene e del gran male, è lautamente generoso e ossessivamente possessivo. Non pochi figli hanno dovuto difendersi dall’amore di mamma por poter vivere la propria vita e non quella dettata dal ferreo imperio del suo amore. Nel caso, il neonato Charlie non vuole niente, e se Iddio è generoso, non sente nemmeno niente, perché se sentisse qualcosa sarebbe solo sofferenza e dolore. Lui è solo uno strumento d’amore, e i proletari di tutto il mondo sono uniti non nella sua difesa ma in quella dei loro colleghi londinesi.
Il Secolo XIX, 9 luglio