Accogliamoli tutti

Sono andato nei giorni scorsi alla presentazione di un libro; cosa rara, rarissima, evito le presentazioni librarie come la peste, comprese le mie. Ma il libro che si presentava, un pamphlet denunciava l’invito, trattava di un argomento scottante e portava un titolo agghiacciante: Accogliamoli Tutti. Nientemeno. A esporsi al pubblico linciaggio con una certa qual provocatoria aria di mite fermezza i due autori; Luigi Manconi e Valentina Brinis. Conosco il primo, è un senatore della Repubblica, gruppo PD, presidente della Commissione tutela Diritti Umani, fondatore dell’Associazione A Buon Diritto, a cui ho affidato il mio testamento biologico in attesa che uno straccio di legge in proposito me lo faccia consegnare nelle mani dello Stato. A dirla tutta non conosco il senatore Manconi solo per le sue encomiabili azioni e intraprese etiche, ma anche, direi preminentemente se non me ne vergognassi, per quel nostro vizietto comune di intestardirsi dietro alle canzonette (alla Musica che è Leggera, per citare un suo aureo volume di qualche anno fa) che lo ha portato nel corso dei decenni a sfidarmi sul duro terreno di chi ne sa di più e le sa meglio. Magari lui di canzonette ne sa anche più di me, ma io le canto meglio, questo è un fatto. Ma lasciamo stare i vizi e passiamo alle virtù. In questo Accogliamoli Tutti i due autori si servono di dati puramente materiali, e statistici, per dimostrare che l’accoglienza dei migranti non solo è un peso sostenibile, ma vantaggioso. Vantaggioso per l’economia e la stabilità della comunità che li accoglie. Evitano di porre questioni inerenti il volontarismo etico e gli imperativi morali, che tanto da quell’orecchio non ci sente quasi più nessuno, singoli che siano o istituzioni locali, nazionali, transnazionali. Insomma, è possibile una politica di accoglienza e integrazione a puro fine egoistico. Naturalmente una politica intelligente e previdente e accorta, la qual cosa ora come ora semplicemente non esiste, comunque non in questo Paese. Anche se, vedi un po’, le comunità locali, le più periferiche, stanno dando prova di pensarci e di cominciare a metterle in pratica idee intelligenti, previdenti e accorte. Per chi ne avesse voglia, dare un’occhiata sul net a quello che succede in questi giorni a Fabbriche di Vergemoli, sperdutissimo comune di 700 anime nel folto della Lucchesia che ospita 20 richiedenti asilo. Ma qualcuno ne ha voglia? C’è qualcuno che ha voglia di comprarsi il libretto di Manconi e Brinis per vedere se sono davvero fuori di testa o magari dicono qualcosa su cui star su a pensarci un attimo? Mah.
Il libretto è vecchio, ha un anno e più. Nel frattempo le cose vanno di male in peggio, giorno per giorno, i morti che ingombrano il mare ormai si contano pro forma. Una signora ieri al banco del pesce si chiedeva, lo giuro, se con tutti quei morti qualche pezzetto non se lo fossero mangiato i pesci che stava per comprare e cuocere. I suoi erano interrogativi di natura più igienica che etica. Il senatore Manconi e la sua commissione non se ne sono stati con le mani in mano e hanno prodotto proposte, ad esempio i corridoi umanitari, che non se le fila nessuno, a parte la Comunità di Sant’Egidio e le chiese Valdesi. Sono proposte talmente sensate che escono fuori tra i denti anche dalle bocche di ministri italiani e esteri, persino da membri della Commissione Europea, ma restano lì, nell’aria. Pare che nessuno che ne abbia potestà si possa assumere la responsabilità di azioni sensate essendo, o sentendosi, ostaggio dell’insensatezza dei suoi elettori. L’idea che va per la maggiore è di affondare le imbarcazioni coinvolte nel trasporto dei migranti. Come a dire che, preso atto dello sterminio dei lager nazisti, gli alleati avessero programmato di bombardare i treni adibiti alla deportazione. O una serie di omicidi mirati per far fuori i macchinisti. A tal proposito, vorrei far ricordare che i lager non furono inizialmente costruiti da Hitler per gli ebrei, non fino a che la sua idea di “soluzione” della questione ebraica rimase quella dell’allontanamento, cacciarli via dal suolo tedesco. Idea che ebbe un insuccesso clamoroso perché quella gente non la volle nessuno, e i casi di respingimento di massa sono da dividersi equamente tra tutti i paesi che poi si costituirono in possente fronte democratico. Così Hitler passò ad altra soluzione, come sappiamo. Questo si parva licet, naturalmente, se gli uomini sono tutti quanti uguali agli occhi del creatore e degli uomini, dovrebbe dirci qualcosa anche oggi. E allora voglio porre la più antipatica delle domande, quella a cui è più incomodo rispondere, quella che pone Manconi e la sua commissione Diritti Umani senza avere risposta. Siamo noi l’umanità che può ancora permettersi il lusso di pensare con fede sincera che a prescindere, attenzione a prescindere, da qualsiasi considerazione sociale, religiosa, economica, tutti gli uomini abbiano diritto in quanto semplicemente umani alla vita e alla dignità della vita? E che è dovere di ogni umano agire perché questo diritto sia salvaguardato? Sono ormai duecento anni che periodicamente i più alti consessi sanciscono questo principio con grande solennità e sfarzo letterario, ma ne resta qualcosa nelle nostre menti, nei nostri cuori? Chi ci crede ancora che quel negro ivorino, per non parlare di quello zingaro ladro e bugiardo, appartenga allo stesso mio genere? Per nascita, non per merito. Che il diritto alla condizione umana non sia come il diritto al voto o alla pensione, che vanno guadagnati, ma che appartiene al sé per sé, a prescindere da tutto il resto. Con quello che ne consegue.

Il Secolo XIX, 10 maggio 2015