Caldo
Fa caldo, eh? C’e da morire, da morire. Se lo dicevano le donne di casa che ero un bambino, e nel dirlo le vecchie si facevano vento con le picage, le giovanotte arditamente con il lembo della sottana; gli uomini non dicevano niente, alzavano le spalle e tornavano a lavorare, per loro non era mai abbastanza caldo per smettere di farlo. Succedeva che non era giugno, ma per il solleone, quando la calma d’agosto metteva a cuocere l’aria e era tutto un molle vaporare di macaia; a noi ragazzi non faceva paura tutto quel caldo mortale, ci bastava l’ombra di un pero o quella di un muro per stare da pascià. Sì, faceva un caldo da morire ma non mi sovviene che ci morisse sul serio qualcuno; a quel tempo moriva molta più gente di adesso, si moriva pesino di fatica allora, ma non per il caldo, forse perché c’erano molti meno vecchi di oggi, forse perché non era poi così caldo. Adesso la musica è cambiata, siamo a giugno e già si muore sul serio, si muore persino di sete, e siamo solo al quinto giorno d’estate. Ma lo sapevamo che sarebbe andata così, e che non è che l’inizio. Lo sappiamo tutti quanti, anche quelli che non sanno niente di niente, lo sappiamo dall’estate del 2003. Ve la ricordate? Allora ci dissero in tutti i toni di tutte le lingue con tutti i mezzi della comunicazione che non era che l’inizio; tre mesi dopo, con i primi maglioncini di lana fuori dagli armadi, i più se n’erano già dimenticati, e tutti quanti abbiamo sperato di cavarcela per il rotto della cuffia, magari non toccherà a noi. Invece ci tocca, anche questo sta scritto in tutte le lingue. Il giorno dopo che il presidente Trump ha mandato a quel paese gli accordi di Parigi che cercavano di metterci una pezza, un quotidiano nazionale, noto per l’eleganza e il gusto della sua linea editoriale, titolava: Chi se ne frega del clima. Già, e chi se ne frega? Quanti, e non tra gli ignoranti incoscienti ma tra le persone colte e per bene ha cambiato stile di vita, radicalmente come richiederebbe la contingenza, per provare personalmente a metterci una pezza? Nemmeno chi scrive lo ha fatto.
Il Secolo XIX, 24 giugno 2017