Europa

Quando mi viene in mente una cosa e mi accorgo di averla pensata nella lingua della mia casa materna e che non saprei dirla in nessun’altra lingua, allora so che, anche se ho cambiato dieci città, a son de Castarnoo. Quando prendo un pane e tenendolo serrato sul petto ne taglio una larga fetta e condisco quella fetta con un paio di acciughe salate, un filo d’olio e un bicchiere di vino, mi ricordo che Castelnuovo si affaccia sul Mediterraneo, e se anche son figlio di contadini e della loro barbara civiltà, è a quel mare che sono spinto a guardare e ascoltare, e per tutto il suo periplo troverò sempre città sorelle abitate da facce che m’assomigliano. Quando, al ritorno dal mercato rionale dove ho comprato da vestirmi, mia moglie mi guarda e mi dice che riesco a portar bene anche due stracci, e quando, nel mesto sciorinarsi di quest’epoca della malora, mi trovo a consolarmi declamandomi a memoria il XXXIII canto dell’Inferno, allora so di non poter che essere italiano. Ma nonostante io sia tutto questo e il peso di ciò che sono non sia di poco conto, so anche, perché ne ho l’intima coscienza, di essere un uomo d’Europa, e da questo me ne viene un immenso conforto. Sarei schiacciato da un’angosciate solitudine se fosse altrimenti, non saprei come cavarmela se non scorgessi in me traccia della dirittura luterana di un danese, e la melanconia oceanica di un  portoghese, la fermezza repubblicana di un francese, il fervido patriottismo di un tedesco, l’abisso introspettivo di un romeno, la limpidità democratica di uno svizzero, l’aplomb parlamentaristico di un britanno, il furore libertario di un catalano, il burbero comunitarismo di un norvegese… se non avessi imparato qualcosa da tutti questi uomini d’Europa, se non mi fosse stata data l’opportunità di farlo dalle contingenze storiche e politiche in cui ho avuto la fortuna di diventare adulto, In verità non saprei cosa farne di quello che sono, sarei troppo poco, il mondo non mi vedrebbe e io lo guarderei da un angolo troppo stretto e distante per poter dire di viverne il cuore. È per questo che amo l’Europa di folle amore, peccato che ieri a Roma in mezzo alle pompe e alle circostanze ce n’era troppo poca per aver potuto riconoscere la mia amata.

Il Secolo XIX, 26 marzo 2017