Umani o algoritmi?
Sono sicuro di aver sentito con le mie orecchie un paio di settimane fa un alto papavero dell’Agenzia delle Entrate, se non addirittura la capa dei capi in persona, annunciare che l’Agenzia si sarebbe lasciata andare a un gesto di solidale simpatia verso gli accaldati contribuenti e per la settimana del Ferragosto avrebbe rinunciato a spedire raccomandate esattoriali. Non me lo sono sognato, no; e sono anche sicuro che i media hanno riportato con sincero slancio la notizia del bel gesto. Allora perché giovedì 18 agosto ero di buona mattina in fila per ritirare una raccomandata dell’Agenzia delle Entrate che mi è stata recapitata in absentia il martedì 16 agosto? E perché i due signori che mi precedevano nella fila si trovavano colà per il mio stesso motivo? Perché? Mi piacerebbe poter avere una rilassata conversazione con l’uomo che ha mandato al protocollo le missive –se esiste quell’uomo, se è senziente, dotato di libero arbitrio, se ha due occhi e una bocca, e non è un algoritmo progettato da qualche cugino che ci sa fare con i computer- per chiedergli con sincera curiosità con quali aggettivazioni ornerebbe egli stesso, spassionatamente, la sua azione. Forse stupida? Cattiva? Errata? Insensata? Canagliesca? O invece corretta, adeguata, equanime, funzionale, produttiva? Sono davvero curioso di conoscere il suo Verbo professionale ed etico. Solo, Dio mi perdoni e se non mi perdona fa lo stesso, gradirei che nel caso della risposta “un banale disguido” calasse sulla sua testa dal Cielo una folgore di divino vindice sdegno. Naturalmente, e giustamente, il mio commercialista è in ferie; se non è alle isole Cayman ma come al solito a fare i bagni alla Baia Blu, ho la ragionevole certezza che nulla devo all’erario di quanto chiesto, e quest’anno è già la seconda volta che mi si chiede quanto non dovuto. Banali disguidi. O algoritmi mal riusciti, o funzionari incapaci, o malmostosi, o ignavi, o direttive contradditorie, ordini mal posti? Perché? Magari sarò vessato dalla contraria sorte, ma non fragile, non come i due signori avanti nella coda del 18 mattina, costernati, rabbiosi, frustrati e impotenti, cittadini contribuenti nella canicola senza un po’ d’ombra.
Il Secolo XIX, 21 agosto 2016