3000 euro
Sì, lo so che negli ambienti della sinistra sono pochi a pensarla come me, ma lo voglio dire con tutta la voce della mia interiore convinzione: in questa legge di stabilità che si va a discutere, per il resto ben fornita di misure centriste e non scevra da intuizioni di destra, una misura seriamente progressiva, socialista direi, c’è. E lo dico chiaro e tondo, parlo dell’elevazione a 3000 eurazzi del tetto di moneta contante e sonante a disposizione delle necessità di transazione del privato cittadino. Se una politica economica seriamente progressista si compendia nella virtuosa intenzione della equa e solidale redistribuzione, questa misura un innovativo concetto di redistribuzione, eticamente superlativo e purtuttavia di grande efficacia nel tanto agognato rilancio dell’economia diffusa. E perché la mia non sembri una battutaccia, vado a spiegarmi.
Appartengo a quella categoria di contribuenti oggetto di lazzo e dispregio che ricava forzatamente i suoi cespiti da compensi a ritenuta d’acconto erogati da committenti, ad esempio questo stesso giornale quotidiano, tenuti a una rigorosissima rendicontazione del dato e dell’avuto. Io e i miei committenti non possiamo evadere di un centesimo ciò che è dovuto all’erario. Ogni anno c’è un tizio all’Agenzia delle entrate che pigia un tasto, un solo tasto, e constata di una frazione di secondo che ho fatto il mio dovere e l’ho fatto per bene. Incidentalmente non capita quasi mai che l’ho faccia per bene; delle decine di certificazioni, anche per somme impalpabili, che non ricevo più per raccomandata ma per posta ordinaria e vagante e per ancor più vaghe mail, va a finire che me ne perdo sempre qualcuna, ragion per cui al dovuto finisco sempre per aggiungerci qualcosina in più come giusta punizione. E va be’, il fatto è che in un regime così fiscalmente opprimente la mia economia giace in soffocanti ristrettezze, e mettici la crisi, mettici che il settore del culturame è quello che è, mi ritrovo ogni anno più povero. Per esempio, quest’anno avrei dovuto rifare il cancello di casa che ormai è marcio. Il fabbro vuole 3500 euro con fattura e 2700 senza. 2700 ce li ho, 3500 no. Che faccio? Lascio che il cancello crolli in testa a un bimbo che ci gioca a palla nei paraggi? No, e allora mi metto in cerca di 2700 di contante. Ci ho messo un mese per metterlo su. Mi sono dovuto inginocchiare davanti ai bancomat, ho dovuto chiedere in prestito a questo e a quello, ho dovuto smettere di fumare perché il tabacchino vuole pagato in contanti, ho ridotto la spesa al mercato allo stretto indispensabile. È vita questa? È roba da paese libero? Alla fine il fabbro manco s’è fatto più trovare, era già pieno di lavoro. Certo, se a gennaio avessi pagato in contante il falegname che mi ha fatto la libreria invece che con bonifico e fattura, avrei risparmiato 1000 euro e così avrei potuto farmi fare il cancello con ricevuta pagando con bonifico, ma a gennaio avevo ancora un’idea distorta dell’etica e della redistribuzione. Assai più pratico e duttile della redistribuzione di reddito attraverso l’aumento dei salari, opzione inverosimile prima ancora che impraticabile, o di un’odiosa, ancorché farraginosa, gradualità dell’imposizione fiscale, è un’equa, democratica, facilissimamente praticabile redistribuzione della capacità evasiva il cuore di una vera politica economica e sociale progressista. Rendendo universale ciò che è oggi appannaggio di una élite, trasformando un privilegio che risulta oggettivamente piuttosto antipatico nella facoltà della platea universale dei contribuenti di riservare per sé una quota parte del dovuto all’erario. Diciamo così, come anticipo su un progetto più ampio di giustizia sociale egalitaria. Certo, senza esagerare, senza deregolare e nell’ottica di conservare allo stato un suo fondo spese indispensabile per i servizi pur sempre essenziali al benessere del popolo. Sarebbe una rivoluzione e un’unicità, perché sarebbe un raro esempio di rivoluzione sociale capace di dare novello vigore all’economia. In verità, se l’Italia riparte, riparte in nero. In tal direzione va alla grande la norma di cui ho detto, la possibilità di effettuare transazioni fino a 3000 euro in svanziche contanti e sonanti non tracciabili, non riscontrabili, non rivendicabili. Una cifra più che popolare, un bel rotoletto da tenersi in tasca; 60 biglietti da 50, 150 da 20 per i più golosi, che fanno un bel gonfietto anche bello da vedersi. Animo compagni, che nell’immortale dipinto del Pelizza da Volpedo, quello del Quarto Stato che avanza, se ci fate caso è tutto quanto fatto di uomini e donne con il gonfietto nei pantaloni e nelle sottane, tutto un popolo con 3000 euro in saccoccia in marcia verso il fabbro e il falegname, verso il sol dell’avvenire.
Il Secolo XIX, 1 novembre